
Gli attivisti di Legambiente a Cervia protestano contro la costruzione del terzo grattacielo
In Emilia-Romagna il 59 % del litorale, pari a 82 chilometri di linea costiera, è stata modificato inesorabilmente da interventi edilizi. Dal 1988 sono stati cancellati settemila metri di costa in 23 anni e il boom del cemento non accenna a diminuire, con il rischio di far scomparire per sempre le bellezze naturali della regione. Pericoli che interessano particolarmente le aree ancora libere del ravennate e ferrarese. Per questo Legambiente lancia la proposta di “bloccare le espansioni degli strumenti edilizi e fissare un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere dall’edificato di almeno un chilometro dal mare”.
È questo il messaggio lanciato oggi dalla Goletta Verde, la celebre campagna di Legambiente impegnata per la difesa del mare e delle coste italiane, durante la presentazione del dossier “Il consumo di suolo nelle aree costiere italiane. La costa emiliano-romagnola, da Gorino a Cattolica: l’aggressione del cemento ed i cambiamenti del paesaggio”. All’incontro, svoltosi a Porto Garibaldi presso la sala della Domar, sono intervenuti Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna, Katiuscia Eroe, portavoce della Goletta Verde di Legambiente, Massimo Medri presidente del Parco del Delta del Po e Marco Fabbri, sindaco di Comacchio.
Lo studio di Legambiente ha analizzato la costa emiliano-romagnola in un arco di tempo che va dal 1988 al 2011. Su un totale di 141 chilometri di costa – da Gorino, al confine con il Veneto, a Cattolica, al confine con le Marche – 82 chilometri (pari a ben il 59%) sono stati trasformati a usi urbani, infrastrutture portuali e industriali. Più precisamente 30 chilometri sono occupati da tessuti urbani densi, 39 chilometri sono interessati da un edificato meno denso, con carattere più rurale in trasformazione e 13 chilometri sono occupati da infrastrutture portuali e industriali. Si “salvano” complessivamente solo 42 chilometri di paesaggi costieri ancora con caratteri naturali, cioè tratti di costa completamente liberi dal cemento, mentre i tratti costieri con paesaggi agricoli si sono ridotti a soli 17 chilometri, “un dato allarmante – secondo gli attivisti di Legambiente – rispetto all’identità e alla storia della costa emiliano-romagnola”.
Grazie alla sovrapposizioni delle foto satellitari è stato possibile fare un raffronto con quella che era l’occupazione della costa nel 1988. Malgrado i vincoli imposti sia dalla legge “Galasso” che dal piano paesaggistico, sono “scomparsi” settemila metri di costa (il 5 per cento del totale). Settemila metri trasformati irreversibilmente per usi urbani e turistici. “Così oggi – afferma Legambiente – la costa dell’Emilia-Romagna si presenta divisa in due: una, quella a nord, nel ferrarese, dove ancora sono presenti ambiti naturali di pregio, l’altra, quella a sud, dove è perfino difficile immaginare come fosse stato il paesaggio prima dell’arrivo della distesa di alberghi, palazzi, seconde case e stabilimenti”.
Ciò che desta più preoccupazione tra gli ambientalisti è il continuo progredire dell’edificato, un modello di economia che mostra tutti i suoi limiti anche sul piano finanziario. Esempi eclatanti sono gli interventi di Porto Reno e Marinara nel ravennate, le cui società di gestione oggi sono in stato fallimentare. Ma è cresciuto esponenzialmente anche l’edificato alle spalle del lungomare, creando così uno strato sempre più spesso di cemento tra il mare e le aree agricole, cancellando ogni corridoio ambientale. Il rischio quindi è che questi processi di saldatura tra i centri costieri continuino, cancellando irrimediabilmente l’identità e la bellezza dei paesaggi agricoli e naturali ancora presenti lungo la costa.
“I paesaggi costieri sono un patrimonio che l’Emilia-Romagna deve portare nel futuro, cambiando attenzioni e politiche nei confronti di una risorsa a rischio – dichiara Katiuscia Eroe, portavoce della Goletta Verde di Legambiente. Oggi cambiare non solo è possibile ma anche urgente per riuscirci occorre avere il coraggio e la lungimiranza di fissare un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere attualmente non sfruttate per almeno un chilometro dal mare, attraverso l’approvazione di un piano paesaggistico che intervenga anche sui piani regolatori vigenti per stralciarne le previsioni edificatorie. In parallelo, inoltre, occorre definire una seria politica di riqualificazione di un patrimonio edilizio spesso costruito con ottica speculativa, senza qualità e futuro. Ragionare in questo modo è precondizione per valorizzare le potenzialità turistiche, a cominciare dal settore edile esistente riqualificando da un punto di vista statico, energetico e ambientale”.
Si tratta di una operazione strategica per difendere la bellezza e la qualità di paesaggi straordinari ancora liberi, ma a rischio di cementificazione, con particolare riferimento alle aree costiere di Comacchio e Ravenna, con le pinete costantemente minacciate dal rischio di speculazione edilizie. “I paesaggi costieri sono uno straordinario patrimonio e costituiscono una parte rilevante dell’identità italiana – dichiara Lorenzo Frattini, presidente Legambiente Emilia Romagna -. La cementificazione avvenuta in tutta l’Emilia-Romagna e sulla costa in particolare, negli ultimi decenni è purtroppo molto rilevante. L’aggressione del cemento non sembra però arrestarsi nonostante la crisi dell’invenduto e i fallimenti la abbiano rallentata. Occorre tirare subito il freno a mano bloccando le nuove espansioni e lavorare sulla riqualificazione dell’esistente”.
Altre emergenze che minacciano la costa sono gli incendi, gravissimi quelli che hanno colpito le pinete di Lido Adriano a Ravenna e la subsidenza, l’abbassamento del livello del suolo reso più grave da estrazioni d’acqua e di idrocarburi e dal mancato apporto di sabbia dai fiumi. Segnali di questo le mareggiate sempre più devastanti e l’innalzamento del livello salino della falda che sta portando a vere morie di pini sul litorale.
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