Berra. Aveva offeso pesantemente due agenti di polizia municipale, con parole irripetibili nei confronti di una vigilessa. Era accusato di guidare ubriaco e senza patente. Eppure, al termine del processo a suo carico, è stato assolto. È successo a un 28enne residente a Berra che, il 22 settembre del 2009, venne visto zigzagare paurosamente in sella a uno scooterone Yamaha, ubriaco, in mezzo alle persone nella piazza centrale del paese in pieno giorno. Vennero avvisati i vigili che si recarono sul posto, trovando però il giovane seduto al bar.
Per evitare spiacevoli sceneggiate, gli agenti – che lo conoscevano bene essendo del posto – lo hanno preso in disparte e, a qualche decina di metri dal locale, hanno provato a impartirgli la classica ramanzina. Ma il tentativo è stato vano. Il 28enne ha reagito con improperi e offese verso entrambi. Scatta così la prima denuncia per oltraggio.
Passa appena mezz’ora e gli stessi vigili vedono l’uomo di nuovo in sella al motociclo. Questi però, appena li nota in lontananza, devia per qualche via laterale facendo perdere le proprie tracce. Da qui la denuncia per guida senza patente, che l’uomo non aveva mai conseguito (la guida in stato di ebbrezza non era contestata).
In tribunale, davanti al giudice Giorgi, ha testimoniato l’ispettore testimone di entrambi gli episodi. La ricostruzione fedele però ha permesso all’avvocato della difesa, Federico Orlandini, di vanificare l’impianto accusatorio. Come? In primo luogo insistendo sul concetto stesso di oltraggio: reato che per sua natura deve essere commesso contro pubblici ufficiali sì, ma in presenza di più persone. E il fatto che gli agenti si fossero appartati con l’imputato ha impedito il realizzarsi in concreto della fattispecie, “declassabile” quindi a semplice ingiuria, per la quale si può procedere a querela di parte. E nel caso specifico non c’erano parti civili.
In secondo luogo, poi, non è stata raggiunta la prova della guida senza patente per l’impossibilità di identificare con certezza chi fosse alla guida. Lo scooterone – ha sostenuto infatti in sede di arringa l’avvocato – era utilizzato anche dal fratello dell’imputato. Ed è improbabile che a una distanza di almeno cento metri, con un casco in testa, qualcuno possa identificare con precisione il conducente.
Alla fine, nonostante la pm De Rossi avesse chiesto un anno di reclusione più l’ammenda, il tribunale ha pronunciato sentenza di assoluzione.
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