Politica
24 Aprile 2013
Dalla possibile scissione dei democratici al nuovo possibile partito

A sinistra del Pd

di Marco Zavagli | 6 min

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admin-ajax.phpDi fronte a un Franceschini sempre più realista del re (“dobbiamo governare con il Pdl”) e a un Renzi, l’‘innominabile’ nella direzione nazionale di ieri, che non ha mai negato la possibilità di vedere nel Pdl un valido interlocutore, si fa sempre più corposa l’ipotesi di una scissione del Pd. Da una parte l’anima, da tempo minoritaria, che può ancora ispirarsi a uno sbiadito socialismo, dall’altra quella liberale che finalmente per lei non dovrà più fare i conti con il piccolo cabotaggio dei compromessi interni di partito. Un’unica via, il centro moderato, e un’ipotesi di alleanza con Monti e Berlusconi di cui non dovrebbe più vergognarsi.

A Ferrara gli esponenti locali del fu Pd stanno a guardare e aspettano gli sviluppi. “Troppo presto”, mette le mani avanti Luigi Marattin, renziano della prima ora che non nasconde come “un pericolo di scissione esiste, ma prima c’è da sciogliere il nodo cruciale del governo”. Subito ci sarà l’11 maggio. Per quella data Vendola ha indetto gli stati generali di un possibile Partito della Sinistra, che raccolga i cocci di decenni di scismi all’ombra della falce e martello. Un progetto al quale sembra interessato in primis il neoiscritto Fabrizio Barca. L’ex ministro ha posto in seno al Pd l’idea di tornare (?) a essere un partito del Lavoro. “Mi sta bene, purché ci sia chiarezza al nostro interno”, ribatte in chiave locale Marattin. Nel Pd per troppo tempo hanno convissuto impostazioni diverse che pretendono scelte diverse per il Paese. Lo abbiamo visto in tema di art. 18, di austerità, di temi etici”. E se si crea un contenitore a sinistra che raccolga queste tematiche “può diventare la casa appropriata per alcuni”. Un modo diplomatico per dire ‘quella è la porta’. “Non mi scandalizzerei se Barca incontrasse Vendola in questo progetto che vede interessati anche Landini e Cofferati”. Il che può succedere non necessariamente fuori dal partito. “Penso al labour party inglese – esemplifica Marattin -, capace di far emergere alternative al proprio interno senza abbandonare a se stesse le correnti dei liberisti e dei democratici ‘left wing’. “Purché non sia un partito dove ci deve stare dentro tutto per forza”.

Guarda volentieri all’esempio anglosassone anche un altro renziano, Eric Zaghini, come esempio di “un centrosinistra diverso da quello che ha mostrato il Pd in questi cinque anni, nei quali è esistito solo sulla carta”. Quanto a Barca, “se il disegno è quello di fare un grande soggetto della sinistra italiana non mi interessa, ma non è il mio partito. A me interessa il progetto politico del Pd”. Motivo in più per attendere il congresso. Un congresso “atteso da anni”. E ora “finalmente i tempi sono maturi per un confronto vero tra una linea più liberale e una più socialdemocratica, che possono convivere nell’alternanza; e la sfida di governo si farà seguendo la linea della corrente che prevale a livello congressuale”. Zaghini riduce il tutto a una parola sola: “sintesi, una parola che spaventa sempre. Ma ora basta perdersi in divisioni o etichette. Bisogna dare un calcio in culo a chiunque parla ancora di margheriti o di comunisti”.

Meno convinta della reductio ad unum è Sandra Carli Ballola. Lei, entrata nel Pd solo in un secondo momento e ora capofila della corrente di Marino, chiede di “non sottovalutare quello che è successo”, anche se “adesso bisogna essere pacati e ragionare”. Pur dispensando pacatezza e ragionamenti, però, non si può negare che “la paura è quella di essere arrivati a un punto di non ritorno: il Pd non ha saputo rappresentare la voglia di cambiamento del Paese. Sembra, e sottolineo sembra, implosa la struttura stessa di partito”. Anche Carli Ballola ammette che “ci sono delle fondamenta (leggi cattolica e socialista, ndr) da chiarire, perché senza fondamenta solide, senza ideali forti di riferimento che uniscono, si diventa preda di piccoli e grandi gruppi di potere. E il Pd non è immune da questi gruppi di potere. Le ultime vicende lo hanno dimostrato”. Un partito “incompiuto”, dunque, che potrebbe ritrovare il proprio spazio “perché esiste qualcosa in mezzo al populismo di Grillo e la destra”.

Uno spazio che non è detto a questo punto venga occupato dai democratici in cerca del loro quarto segretario in sei anni. A sinistra, un po’ più in là di Vendola, c’è chi ricorda che “da tempo cerchiamo di ricostruire una sinistra unita, dopo la chiusura fallimentare di un ciclo che in questi cinque anni, dalla Sinistra arcobaleno in poi, non ha fatto altro che evidenziare settarismi e impedirci di guardare a quella parte di società in difficoltà”. È Irene Bregola, segretaria di Rifondazione di Ferrara, che “in questa fase allarmante per il Paese sarebbe quanto mai auspicabile, seppur con grave ritardo, ricomporre quelle scissioni incomprensibili che hanno diviso la sinistra in Italia”. Già l’11 maggio potrebbe partire “un interessante processo costituente su alcuni punti fondamentali: abrogazione della legge Fornero, abbassamento dell’età pensionabile, rinnovo degli ammortizzatori sociali”. Ma cosa cambierebbe rispetto ai tanti esperimenti falliti, ultimo in ordine di tempo la Rivoluzione civile di Ingroia? “Sono state operazioni compiute di fronte a un’emergenza elettorale; non dobbiamo pensare a un cartello raccoglitore di consensi, ma a un progetto politico di ampio raggio in grado di creare massa critica e consistenza. Credo che in tanti possano essere interessati, a partire da chi ha votato Movimento 5 Stelle”.

Potrebbe esserci spazio anche per l’Italia dei Valori? “Attendiamo il congresso che definirà la linea dopo la debacle elettorale”, premette “da semplice iscritto” Massimiliano Fiorillo. “Credo comunque che questo passaggio sarà guardato con assoluto interesse da Di Pietro”, soprattutto perché “si prospetta un centrosinistra che non inciucia col centrodestra”. Ma che c’azzecca, per usare termini cari all’ex pm, l’Idv con un soggetto politico che potrebbe andare da Barca alla Fiom? “Noi potremmo rappresentare la forza liberal democratica al suo interno, non vedo una incompatibilità”. C’è già una differenza terminologica però tra sinistra e centrosinistra. “Noi cerchiamo di andare oltre alle definizioni, come hanno già fatto prima di noi gli elettori”.

Scontato infine che a vedere “di buon occhio la nascita di un partito di centrosinistra che si possa definire tale, senza l’appendice del centro” è proprio la base locale di Sel. Ma senza correre troppo. “Occorre partire prima – avverte la portavoce Valeria Rustici – dalla definizione del recinto entro cui vogliamo muoverci. Cominciare a pensare a chi mettere insieme senza sapere per fare cosa porterebbe questa nuova bella speranza ad assomigliare alle tristi esperienze di accozzaglie poco credibili come La Sinistra e l’arcobaleno e Rivoluzione Civile che sono durate nemmeno lo spazio di un voto. Quello a cui aspiriamo è qualcosa di molto più ricco che dovrà avere come primo traguardo quello di raccogliere il consenso delle cittadine e dei cittadini che si riconoscono nelle idee di Sinistra. Non dovremo quindi preoccuparci di trovare convergenze tra partiti, ma di ristabilire un dialogo costruttivo con il Paese e con il popolo della Sinistra”.

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