Politica
23 Aprile 2013
La candidatura di Rodotà era avanzata da mesi da una pluralità di realtà

Aver votato Napolitano è davvero una colpa

di Girolamo De Michele | 4 min

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franceschiniDario Franceschini è stato contestato, sabato sera, a Roma. A quella contestazione ha risposto con due affermazioni che cito: «La mia colpa è avere votato Napolitano e non Rodotà»; «Abbiamo eletto Napolitano con i voti di Berlusconi, esattamente come fu per Ciampi».

Io credo che aver votato Napolitano, e non Rodotà, sia davvero una colpa: soprattutto per il modo in cui si è arrivati a chiedere al presidente in scadenza di accettare il re-incarico.

In primo luogo: non ho trovato alcuna spiegazione del perché un uomo di scienza e di alta cultura, che in questi anni ha lavorato in gangli vitali di una società in turbolenta e incontrollabile trasformazione quali la tutela della privacy, la libertà di espressione in rete, la giurisdizione sui beni comuni, la creazione dal basso del diritto, non potesse essere votato da chi si dichiara “di sinistra”.

L’unica giustificazione da parte del Pd che ho trovato è di Fassino: non si poteva votare Rodotà perché era stato candidato dal M5S.  Una voce dal sen fuggita, che dice quello che moltissimi dei parlamentari Pd hanno pensato senza avere il coraggio di dirlo.

Ebbene: innanzitutto Rodotà non è stato candidato solo, né in primis, dal M5S. Chi dice ciò dice il falso, non importa se intenzionalmente o per disinformazione. La candidatura dal basso di Rodotà era avanzata da mesi da una pluralità di realtà di base: il M5S l’ha fatta propria, come potevano farla propria altre forze politiche. In secondo luogo, chi dice ciò dimostra una profonda ignoranza della storia delle elezioni presidenziali. Sandro Pertini fu ufficialmente candidato (strumentalmente quanto si vuole, ma così fu) dalla Democrazia Cristiana: dovevano i socialisti non votarlo? Gronchi fu votato dalla Democrazia Cristiana perché la sua candidatura non ufficiale stava raccogliendo i voti, oltre che dei franchi tiratori democristiani, delle sinistre; Saragat fu eletto perché la Dc accettò di far convergere i propri voti sul candidato dello schieramento avverso, dopo che i franchi tiratori avevano impallinato il candidato ufficiale. Dove sarebbe stato lo scandalo nel votare un candidato senza appartenenze politiche solo perché lo hanno proposto “quegli altri lì”?

Ma soprattutto: che logica è, quella di rifiutare un nome prestigioso e indipendente perché è proposto da un partito avverso (come peraltro accadde per Ciampi)? Non è forse la stessa logica degli ultras che contestano l’acquisto del tal giocatore non perché ritenuto inadeguato, ma solo perché proveniente da una squadra considerata “ostile”? È questa la logica che li guida? Quella del mondo diviso in amici e nemici, quella degli ultras? Se così è, perché Franceschini si lamenta di una (pretesa) contestazione in stile-ultras?

Quanto al precedente del 1999, forse l’onorevole ferrarese non ricorda che in questi 15 anni qualcosa è successo. Hanno fatto una campagna elettorale dicendo che non c’era alcuna possibilità di accordo con quelli che avevano votato per Ruby nipote di Mubarak, con quelli che per rovesciare la maggioranza del 2006 avevano comprato dei deputati, cioè col centrodestra che ha impedito ogni accordo per fare le riforme durante il governo Monti. Lo ha ribadito, subito dopo le elezioni, il segretario Bersani a “Che tempo che fa” il 3 marzo. Accordandosi per eleggere il presidente i democratici hanno rinnegato una promessa fatta a chi li ha votati! E quando il presidente Napolitano, come ultimo atto del suo primo settennato e al tempo stesso come condizione per l’avvio di un secondo settennato, ha chiesto un accordo per un governo di unità nazionale, ha chiesto al Pd voi (non solo) di rimangiarsi una promessa fatta all’elettorato, ha chiesto di fare il contrario di quello che i suoi elettori si aspettavano: non so se per un giurista questo si possa configurare come tradimento della Costituzione, di sicuro è un atto moralmente indegno – o forse degno del Napolitano che approvò l’impiccagione di Imre Nagy. Franceschini, nella campagna elettorale del 2001 a Ferrara citò Bonhoeffer, come Nagy impiccato in nome di un’idea di politica improntata ai valori etici e al dire sempre, costi quel che costi, la verità: cosa direbbe Bonhoeffer di una politica che ha come fondamento una menzogna?

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