Cronaca
15 Aprile 2013
Alla Corte: “Non partecipai all’aggressione ma fuggi dalla mia ragazza”

Omicidio nel sottomura, parla l’imputato

di Marco Zavagli | 4 min

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foto“I marocchini hanno fatto un casino…”. Sono le parole che Nabil Benabdennaby disse alla sua ragazza poco dopo aver assistito al linciaggio di Tarek Hamad, il 25enne tunisino ucciso nel sottomura di via Baluardi la sera del 29 aprile 2012. Un’esecuzione premeditata, secondo la procura. L’estremo gesto di violenza di un regolamento di conti per spartirsi le zone dello spaccio in città. Nabil Benabdennaby, marocchino, 24 anni tra pochi giorni, è imputato davanti alla Corte d’Assise per quei fatti. Per il pm Alberto Savino lui, insieme ad altre sette persone, partecipò a quell’omicidio. Un omicidio premeditato aggravato dalla crudeltà e dal concorso di più persone.

Tra i presunti responsabili c’era anche un sedicenne, già condannato in primo grado a 8 anni dal tribunale dei minori di Bologna. Un terzo, il 27enne Bouchaib Abbidi, anch’egli marocchino, ha scelto il rito abbreviato. Gli altri cinque imputati (Mounir Nakis, 28 anni, Rachid Slihad, 27, Ayoub Belbassi, 21, Yassine Goram, 27, e Yassin Haddy, 24, tutti marocchini) sono tuttora latitanti.

Nabil venne riconosciuto da due testimoni oculari, il fratello e un amico della vittima, che videro la scena. Una scena durata circa dieci minuti che li paralizzò dal terrore. Non osarono intervenire ma fuggirono, non prima di aver chiamato l’ambulanza, quando la furia degli assassini stava per rivolgersi verso di loro. Solo dopo sapranno che Tarek era morto.

Durante l’esame Nabil, l’imputato (difeso dall’avvocato Eva Neri del foro di Ferrara e dalla collega Anna Sambugano del foro di Vicenza), conferma a sua volta di aver intravisto nel sottomura i due testimoni. Tutti e due lo inseriscono nel gruppo di aggressori, anche se il primo non ricorda cosa avesse in mano e il secondo non sa dire se impugnasse armi. Alla Corte di Assise l’imputato racconta la sua versione. “Il giorno dell’omicidio venivo dalle giostre; ero da solo e quando sono arrivato ho visto Tarek che correva inseguito da qualcuno”. Vide solo una persona colpire Tarek. Due volte. “Quello con la spada” katana, Ayoub (Ayoub Belbassi, ndr), che trapassò da parte a parte la coscia del 25enne. Un fendente risultato poi mortale, avendo reciso l’arteria femorale. Ma quanto agli altri aggressori l’imputato dice di averne visti solo altri tre: “erano vicino, li ho visti di spalle non li ho visti colpire”. Poi “sono andato via dopo due minuti, sono scappato a piedi e ho preso la bicicletta per andare a casa della mia ragazza, Giulia, a Santa Maria Maddalena e le ho Nabil-Benabdennabyraccontato del casino”. Alla ragazza dirà di non aver partecipato minimamente all’omicidio. Qui le versioni in mano alla procura sono diversissime. All’amica della ragazza, Francesca Bertasi, sentita dalla polizia giudiziaria, Nabil avrebbe detto di essere presente al’aggressione ma di non aver materialmente infierito sulla vittima.

La ragazza, sentita anche lei in tribunale, dirà che “lo avevo visto tranquillo, senza macchie di sangue o segni di lotta sul corpo o sui vestiti”. Con Giulia, Nabil – in Italia da cinque anni – si frequentava da due anni. “Andava a prendersi il fumo una volta ogni due giorni e io insistevo perché smettesse. Proprio il giorno del’omicidio gliel’avevo buttato via”. La domanda dell’avvocato Massimo Bissi (che rappresenta la parte civile insieme al collega Giacomo Forlani) di come facesse il ragazzo a procurarsi il fumo con tale frequenza, dal momento che non lavorava all’epoca, rimane però senza risposta.

Della morte di Tarek, Nabil dice di averlo saputo il giorno dopo dai giornali. “Subito dopo andato dai carabinieri insieme alla mia ragazza a raccontare quello che ho visto”. E quello che dice di aver visto non si discosta da quanto raccontato in aula.

Nabil verrà arrestato due giorni dopo, dopo esser stato riconosciuto nel bad Eden di Santa Maria Maddalena da un gruppo di tunisini. Lui fuggirà “perché non mi fidavo di loro, temevo che volessero uccidermi”. Tornerà solo all’arrivo della polizia, chiamata non da lui – come dice alla Corte – ma dalla ragazza e dai tunisini che lo avevano riconosciuto.

Alla prossima udienza, fissata per il 29, quando ci sarà discussione, verrà sentito anche l’altro imputato, il minorenne, che però potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere.

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