Cento
14 Marzo 2013
I familiari filmarono la sua agonia anziché chiamare il 118

Cristian poteva essere salvato

di Marco Zavagli | 2 min

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admin-ajax.php_25Cento. Se si fosse chiamato tempestivamente il 118 Cristian Antoniello sarebbe ancora vivo. E invece i familiari del ragazzo, credendo avesse semplicemente bevuto, lo filmarono mentre stava agonizzando (vai all’articolo). Lo troverà sul suo letto il mattino dopo il fratello, ormai privo di vita. Era il 12 maggio 2010.

A stabilire che una chiamata, anche tre ore dopo l’inizio del malore, avrebbe salvato la vita del ragazzo è stato il medico legale Lorenzo Marinelli, consulente della procura. Interrogato dalla pm elisa Bovi, il perito individua la causa della morte in una insufficienza respiratoria acuta, causata da un edema provocato a sua volta dalle sostanze assunte: metadone, pastiglie e, forse, alcol. Queste le sostanze trovate nel sangue. E ad aver un effetto letale fu il metadone.

Proprio la boccetta di metadone che gli venne trovata in tasca è al centro del processo che vede imputata D.B., donna centese di 40 anni, per spaccio e per la morte del ragazzo proprio in conseguenza di quello spaccio. La boccetta che Cristiana teneva nei pantaloni riconduceva direttamente a lei. Il 25enne quel giorno aveva passato il pomeriggio al parco con amici. Un po’ di birra, lo sballo, qualche bravata e poi a casa dai genitori. In quel parco c’era anche l’imputata, che raggiunse il gruppetto di amici con una sporta contenente sei boccette di metadone. Era la sua “dose” settimanale, prescritta dal SerT.

Secondo l’accusa e le parti civili (i genitori del 25enne, assistiti dall’avvocato Guidorzi) fu lei a fornire a Cristian la sostanza che gli risulterà fatale. Secondo la difesa sostenuta dall’avvocato Gianluca Filippone, invece, la donna avrebbe lasciato incustodita la borsa più volte. L’udienza è stata aggiornata per la discussione a fine maggio.

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