Eventi e cultura
7 Marzo 2013
Terminato l’allestimento della prima grande retrospettiva in Italia dedicata a un cineasta

Lucia Bosè inaugurerà la mostra di Antonioni

di Marco Zavagli | 4 min

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Ci sarà Lucia Bosè. Wim Wenders tornerà dal Brasile a mostra iniziata. Veruska e Jack Nicholson hanno dovuto declinare l’invito. Avrà tutti i crismi dell’happening internazionale l’inaugurazione di sabato de “Lo sguardo di Michelangelo. Antonioni e le arti”, “la prima grande mostra in Italia dedicata a un cineasta”, per usare le parole del curatore Dominique Païni, già direttore della Cinémathèque Française.

Ferrara si riappropria così di uno dei suoi figli più famosi, esponendo a Palazzo dei Diamanti una rassegna multiforme del regista, che “fa parte – prosegue Païni – dell’olimpo dei cinque grandi maestri italiani che hanno cambiato la storia del cinema: Pasolini, Visconti, Rossellini e Fellini”. Ma Antonioni ha caratteristiche proprie che lo differenziano da tutti gli altri. “Fellini è visto come il clown geniale; Visconti come il maestro del melodramma; Rossellini come l’alfiere dell’invenzione; Pasolini come l’uomo dello scandalo, dell’eros, della ricerca antropologica, della poesia. Il regista ferrarese è un uomo “normale”, ma è stato un grande anticipatore della modernità, dell’uomo contemporaneo e della sua non comprensione della realtà. tutto questo lo ritroviamo ad esempio ne ‘L’eclisse’”. Per questo oggi è il regista più considerato e studiato dagli artisti, anche se manca la grande attenzione da parte del pubblico. Questo suo sguardo nel mondo alla ricerca dell’enigma del presente è al momento al centro del dibattito artistico-culturale”. Tanto che Païni non teme smentite quando dice che “oggi Antonioni rappresenta quello che fu Piero della Francesca nel Rinascimento”.

Per rappresentare la storia creativa di questo Piero della Francesca post litteram Païni, insieme all’altra curatrice, Maria Luisa Pacelli, direttrice delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, ha pensato a percorso multidisciplinare articolato in nove sezioni, legate dal un filo cronologico e da un gioco di contrasti. “Ne nasce un ritratto nuovo”, illustra Païni, passando dalle prime sale dove si materializzano gli oggetti e le fotografie dell’infanzia di Antonioni (con tanto di teca dedicata all’amico Giorgio Bassani), per abbandonare le nebbie padane in favore del “fuoco del Deserto rosso”. Viene poi la contrapposizione tra le due principali muse dei suoi film: la bellezza “notturna” di Lucia Bosè – celebrata da una videoinstallazione realizzata appositamente per la mostra dall’artista, fotografo e regista francese Alain Fleischer – e quella solare di Monica Vitti, sua compagna di vita che lo lascerà durante le riprese di Deserto rosso, “film due volte tragico” proprio per questo. C’è poi il contrasto tra gli esordi di matrice realista e l’approdo della trilogia dell’incomunicabilità, composta dalle tre pellicole in bianco e nero, L’avventura, La notte e L’eclisse. Viene poi il colore, che nella pellicola presenta sempre un retaggio del bianco e nero. Vuoi sullo sfondo, vuoi sui vestiti degli attori. Oppure si immola nel monocromatismo del sole che brucia tutto di Professione reporter.

Accanto ai ‘ferri del mestiere’ sono collocate le opere di grandi artisti, come De Chirico, Morandi, Rothko, Pollock, Burri e Vedova, che offrendo un inedito e suggestivo dialogo tra film e pittura, letteratura e fotografia. Ad arricchire infine l’allestimento è un’installazione, collocata nel giardino interno di Palazzo dei Diamanti, ispirata ad una delle più celebri scene di Blow Up, quella della partita di tennis.
A completare il tutto il prezioso patrimonio di opere, oggetti e documenti relativi alla vita e al lavoro del regista di proprietà del Comune di Ferrara: i suoi film e documentari; le sceneggiature originali e le fotografie di scena, tra le quali spiccano quelle di Sergio Strizzi e Bruce Davidson; l’epistolario intrattenuto con i maggiori protagonisti della vita culturale del secolo scorso, da Roland Barthes a Federico Fellini, da Andrei Tarkovsky a Giorgio Morandi, da Alberto Moravia a Umberto Eco. Da questi mille oggetti traspare l’ossessione quasi feticista del collezionista: foto, cartoline, riviste. Tutto poteva diventare materia per un fotogramma di futura pellicola. Nell’ultima sala c’è il ritorno a Ferrara. Il suo libro di bozzetti, con l’ultimo segno, nervoso, veloce, tratteggiato negli ultimi giorni di vita. Dopo quello, il silenzio. Solo pagine bianche.

Dopo Ferrara, dove sarà visitabile fino al 9 giugno, la mostra approderà a Bruxelles per poi prendere la via di altre capitali della cultura europea e mondiale. Mancano ancora le città e le date, ma molti importanti galleristi internazionali hanno già assicurato la loro presenza a Palazzo dei Diamanti.

Infine un cameo. Domenica, a iniziare dalle 11, ci sarà un apposito annullo postale dedicato all’evento in vendita per i collezionisti nel book shop.

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