Prologo
Dopo il successo (o l’insuccesso) del primo appuntamento ho deciso di scrivere qualcosa rispettando le esigenze sinottiche degli amanti della punteggiatura, senza sforare nel dottismo storico per non offendere gli studiosi (o studenti) di date ed accadimenti storico-artistici-letterari; non mi alambiccheró proponendo natali di grandi poeti del passato, nè tantomeno faró velate critiche a luoghi, fatti o persone reali. Beh, con questi ingredienti, chissà che noia! ( god damn it..ho usato un punto esclamativo)
Invece no, nessuna noia ( qualcuno che si annoierà ci sarà pure, ma conto che dopo le prime tre righe sia già passato al ben piú dinamico feissbuck).
Mentre mi aggiravo per una delle mie indagini tra il nuovo ed il vecchio ghetto sono rimasto folgorato. Non sono piú giovanissimo e stando richiuso nel mio antico stanzino ad esaminare volumi polverosi di criminologia, mi stupisco veramente con poco…(tre punti di sospensione, si usano anche in letteratura!).
Via dei Contrari, un nome un programma, è una delle vie più antiche ed arcaiche di Ferrara, forse qualcuno mi smentirà, ma produrró prove concrete.
Durante la seconda guerra mondiale si poteva vedere uno dei cinque cancelli che dividevano la popolazione del ghetto ebraico dal resto della comuntà.
In epoche più antiche era una delle arterie principali che da via Terranuova conduceva alla maestosa piazza del Listone (cosiddetta ovviamente..mi ricorda tanto la mia aix en provence), a fianco della cattedrale passando per la scuola di S.Crispino.
Da sempre via Contrari ospita un susseguirsi di attività commerciali, dal pizzicagnolo al fruttivendolo, dal venditore di oggettini alla moda alla bottega di alta sartoria.
Sia d’estate che d’inverno i mercoledì sera sono intessuti di voci e risate, colori e profumi; è scandita dagli aperitivi di universitari che si danno appuntamento qui per trascorrere le ultime ore della giornata lontani dalle grigie aule studio e dai tomi profumati di fresca editoria.
Una delle strade più vive e colorate del centro medievale (o rinascimentale?).
A metà di questa via dalla magia architettonica preponderante si trovano un paio di vetrine. Pulite, ampie e curate, dove il vetro è vetro trasparente, dove i banchi espositivi sono vecchi tavoli, bauli o bancali. Il visitatore, il turista, il cittadino benchè attentamente chiuso nel proprio orgoglio ferrarese di essere cittadino di mura, non può non sorprendersi a fermarsi innanzi alla singolarità della disposizione delle merci. Il turista fin da subito capisce la marcia in più, quasi mittel europea della esposizione di vestiti e di oggetti; la modernità e nel contempo la sobrietà della proposta.
Alcuni mesi fa, forse un anno, i proprietari, due ragazzi giovani e ben curati con la passione della sartoria si sono imbarcati in questa scommessa chiamata il Minimarket del Riciclo.
Non si capisce se è una catena o che; di minimarket del riciclo se ne vedono a Milano e a Rimini, ma di fatto ci troviamo in uno store diverso dai soliti centralissimi store street.
Una bici appesa in vetrina e, sotto, due macchine da cucire: strumento principe del loro lavoro.
I due sarti, i due proprietari, sgobbano come matti a scucire e ri-imbastire vecchi pantaloni; a lavare, ristampare e incidere vecchie e nuove t-shirt che se prima erano anonime e semplicemente vecchie, ora assaporano il demodè ricercato e modaiolo dei “tempi che corrono”; i cappellini e le felpe vengono rimesse in carreggiata e tutto si fonde con le tendenze più contemporanee passando dal parkour alla metropolitana delle grandi città.
All’interno lo store è diviso in due; il buon odore del legno trattato è piacevolmente contaminato dagli aromi generati dall’olio surriscaldato dell motorino della Necchi che sfrigola da dietro l’angolo. Appese ai muri con sapiente disposizione si snocciolano teschi, stelle, e loghi di vecchie squadre americane; le camice sono avvitate e i pantaloni sgualciti. Il ritmo ed il timbro va dal vintage passando dal funky alla minimale elettronica, dal black al grigio dell’asfalto come quello solcato dalla bici a scatto fisso che ti guarda dalla vetrina.
La sartoria vera e propria appare come un reality store. I ragazzi, per nulla simili a mio nonno sarto da dopoguerra, sembrano usciti da GQ o da Rolling Stone e smacchinano che è un piacere, segnano con il gessetto da sarto, prendono misure e tagliano, fanno andare la necchi e la singer come nemmeno i sarti di orleans sapevano fare.
Forse questo flash non vi interesserà; di certo è un banale soffermarsi davanti a una vetrina mentre si mangia il culo di un crostino di pane con l’aria assente; di sicuro non è il testo ricercato di un cantautore ferrarese…ma è pur sempre una novità….almeno per me….
Non vi dico di più, passateci e fateci un salto. Mi darete ragione: a Ferrara qualcosa di nuovo…o di vecchio!
ah! dimenticavo….BUONFINESETTIMANATUTTI….(mancava ancora una parola marinettiana!)