Riteniamo importante e opportuno l’intervento dell’on. Bratti alla Camera per chiedere la possibilità di oscurare il sito web Stormfront dopo che erano apparsi insulti di stampo antisemita nei confronti della docente della nostra Università, Marcella Ravenna, definita “un’ebrea ossessionata da sé stessa e dalle fantasie di sangue del suo popolo”. A Marcella Ravenna va tutta la nostra solidarietà e vicinanza.
Anche Slomo Venezia, scomparso il primo ottobre scorso, ha subito le inconcepibili offese via Web di alcuni siti nazifascisti. Slomo Venezia era uno dei pochissimi sopravissuti ebrei tornati da Auschwit, e proprio la sua morte in questi giorni sta suscitando presso gli istituti di storia discussioni e approfondimenti su “Come ricorderemo la Shoah quando se ne sarà andato anche l’ultimo testimone?” tema portato all’attenzione da David Bidussa.
Venezia aveva fatto parte di un Sonderkommando, le squadre di internati che nel lager, prima di essere uccisi a loro volta, erano obbligati alle ultime operazioni di smaltimento e cremazione dei cadaveri delle vittime dei forni. Ha scritto un libro sulla sua inumana esperienza ma soprattutto negli ultimi anni ha svolto una eccezionale opera di testimonianza rivolta in particolare alle giovani generazioni. (Ricordiamo due anni fa una sala del cinema Apollo gremita di studenti che lo avevano ascoltato in un profondo, partecipe, emozionato silenzio). Per questo le celebrazioni per la sua morte sono state particolarmente sentite. Ma la cronaca non sarebbe completa, come ha scritto Mario Pirani l’8 ottobre scorso su Repubblica, se lasciassimo passare sotto silenzio come i siti nazifascisti, la cui immonda propaganda , potenziata con vasta eco dal web si siano subito fatti vivi. Ecco come si è espresso il portavoce di uno dei siti più virulenti: “Morto il falsario olo-sopravvissuto Shlomo Venezia!” “Quando muore un sopravvissuto sono sempre triste: le loro comiche cazzate mi divertono molto! Comunque pare morendo abbia esalato un ultimo grugnito…” Si potrebbe continuare ma le frasi, le canzoni diffuse via Web sono veramente disgustose.
Sarebbe bene, come ci ricorda Pirani, che si applicasse la convenzione di Budapest, legge 18 marzo 2008, che introduce norme internazionali sulla criminalità informatica sotto le sue varie forme e stabilisce le necessarie modifiche ai codici di procedura penale dei paesi aderenti. L’Italia ha sottoscritto la Convenzione ma non ancora ratificato le norme applicative e, soprattutto, non ha firmato l’importante Protocollo aggiuntivo che inserisce fra i crimini informatici anche qualsiasi forma di antisemitismo e razzismo sotto veste web.
Anna Quarzi, direttrice Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara