Il metodo Zamboni sarà “ferrarese” anche nella scelta dei primi due pazienti sui quali partirà la sperimentazione del sistema scoperto dal ricercatore Unife per combattere la sclerosi multipla. La notizia arriva direttamente dalla bocca del professor Paolo Zamboni, che mette a tacere anni di polemiche: “è un traguardo importante per la ricerca biologica quello che andiamo a tagliare, a dispetto di una burocrazia e di una parte del mondo accademico che non avevano saputo rispondere prontamente alla rabbia e alle frustrazioni dei malati”.
Zamboni ha mostrato l’area destinata allo studio sperimentale “Brave Dreams”, con le attrezzature e gli ambulatori ospitati nel Sant’Anna di Cona e “pensati per facilitare al massimo i pazienti disabili attraverso ambienti vicini tra loro e facilmente raggiungibili grazie all’abbattimento di ogni barriera architettonica”.
Si tratta di tre ambulatori, situati al secondo piano dell’ospedale. Al piano terra è collocata la sala operatoria dove verranno eseguiti gli interventi di angioplastica, l’operazione per disostruire le vene occluse che – secondo le ricerche di Zamboni – permette di migliorare le condizioni di vita del paziente portandolo a regimi di normalità.
Altri due ambulatori saranno attivati nel centro di riabilitazione del San Giorgio, dove saranno effettuati i test sulla mobilità.
Con il reclutamento dei primi due pazienti ferraresi si placa la polemica sulla “migrazione” verso il Bellaria cui erano stati costretti i malati della nostra provincia (circa mille), dal momento che a Ferrara nessun neurologo aveva voluto aderire al metodo Zamboni (la neurologia ha sempre negato l’origine ‘meccanica’, per usare un termine comune, della sclerosi), preferendo invece la linea seguita dall’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla).
Per il progetto “Brave Dreams”, acronimo di “BRain VEnous DRainage Exploited Against Multiple Sclerosis”, la Regione ha stanziato un finanziamento all’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara di 2.742.404,63 euro: una cifra che permette il completo finanziamento da parte dell’Emilia-Romagna di tutto lo studio multicentrico, dal momento che coinvolge 19 strutture sanitarie in 10 regioni.
Ora Zamboni potrà dimostrare al mondo – che in molte occasioni ha già apprezzato il lavoro del ricercatore – la bontà della sua intuizione, che correla la Ccsvi (l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale) alla sclerosi multipla. Per avere i primi risultati “serviranno almeno due anni” avverte il professore che spiega in ultimo i vari step della sperimentazione.
Dopo la prima fase di selezione dei 687 soggetti, ci sarà una prima visita neurologica e i pazienti saranno sottoposti all’ecodoppler. Si passerà quindi alla programmazione degli interventi per liberare le vene extracraniche – angioplastica venosa, punto focale su cui si basa l’intero metodo -, i quali potranno essere veri o simulati. “Lo studio che effettueremo si chiama doppio cieco – illustra Zamboni – perché un gruppo di pazienti verrà sottoposto alla terapia e un gruppo no. Esclusivamente il chirurgo saprà chi è stato operato e chi invece è stato sottoposto al solo controllo della flebografia. Sia i pazienti che i loro medici saranno tenuti all’oscuro”. Solo dopo un anno di monitoraggio verranno utilizzati i dati raccolti per capire se la strada tracciata debba essere proseguita o abbandonata.
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