Sant’Agostino. Per quasi centocinquant’anni ha accompagnato la vita dei santagostinesi. Ma è bastata una manciata di secondi a distruggere il palazzo comunale. Prima quelli del terremoto che lo hanno irrimediabilmente ferito la notte del 20 maggio, aprendo quello squarcio che è divenuto emblema del sisma d’Emilia. Poi quelli dell’abbattimento controllato: un secondo e mezzo durante il quale le duecento micro cariche sono state fatte detonare e due secondi e mezzo perche i due piani superiori rovinassero su se stessi, trasformati da 16 chilogrammi di dinamite in un cumulo di macerie fumanti.
L’operazione, guidata dal celebre esplosivista Danilo Coppe, è stata praticamente perfetta. “Si è registrato il contenimento dei detriti nell’area perimetrale di sicurezza – ha spiegato -. I frammenti più lontani sono derivati da sgretolamento non da lancio. Sono riuscito a creare il vuoto per salvare una parte di archivio, anche se purtroppo è andato perduto la porzione di un armadio”.
Esecuzione esemplare, sì, ma parecchio travagliata, per l’irrompere sulla scena della demolizione di Vittorio Sgarbi. Il critico d’arte aveva anticipato la sua contrarietà a una nuova esplosione, dopo quella del campanile di Poggio Renatico, e la sua presenza a Sant’Agostino, per tentare di opporvisi sino all’ultimo.
Alle 14.15 Sgarbi era già nella zona rossa. Ha indossato il caschetto protettivo e, in barba ad ogni ordinanza, è entrato nella casa comunale piagata e piegata da profonde crepe, accompagnato dai vigili del fuoco. All’interno ha constatato la presenza di affreschi del primo Novecento ed è uscito rafforzato nella convinzione di voler bloccare l’intervento risolutivo per poterli estrarre. «Le prescrizioni della Sovrintendenza – ha rimarcato – autorizzano la demolizione previa la messa sicurezza delle decorazioni: questo non è stato fatto. Fare esplodere tutto è da scriteriati».
Si sono poi susseguiti i contatti con Roma, con il ministro degli Interni. L’effetto sortito è stato soltanto quello di far slittare dalle 15 alle 15.35 la demolizione.
Nell’attesa il critico ferrarese ha raggiunto corso Roma: una delle postazioni predisposte per poter seguire i lavori, con transenne e strette maglie di forze dell’ordine. L’accoglienza dei cittadini è stata tutt’altro che calorosa: sono partiti cori di protesta, con inviti di vario genere, fra cui quelli “a tornarsene a casa” e “a vivere un po’ qua per vedere come si sta”. Gli scambi di battute hanno assunto toni anche molto duri e qualcuno gli ha gettato dell’acqua in faccia e addosso.
Sgarbi stesso ha riferito di essere stato aggredito fisicamente. “Ho tentato inutilmente di oppormi a un’assurda demolizione di un edificio di particolare pregio storico e architettonico, ma per tutta risposta sono stato preso di mira dal lancio di bottiglie e oggetti vari”.
“Il tema è che non si usa la dinamite per mettere in sicurezza gli edifici – ha protestato -. Le bombe si utilizzano in guerra. Salvatore Settis, Tommaso Montanari, Elio Garzillo, Pierluigi Cervellati, Italia Nostra sono tutti convinti che non si possa bombardare per risolvere il problema della circolazione in paese: quello lo fanno i talebani (facendo un paragone tra l’abbattimento del municipio di Sant’Agostino e quello dei Buddha della valle di Bamyan operata dall’allora governo del mullah Omar in Afghanistan, ndr). Porterò in tribunale quanti hanno consentito tutto questo”.
Non è sembrato turbato da questa prospettiva il sindaco Toselli, commosso invece dalla distruzione della sede comunale. “L’edificio era irrecuperabile e troppo pericoloso: al punto da tenere fuori dalle loro case alcune famiglie – ha sostenuto – . Credo sia stata la scelta giusta, oltre che inevitabile. Abbiamo portato all’esterno tutto il possibile e lavoreremo per recuperare oggetti che emergeranno. E’ stata una giornata molto triste, perché abbiamo perso una parte della nostra comunità. Tuttavia ciò ci consentirà di guardare avanti. Lunedì sono in programma gli interventi sul campanile”.
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