Eventi e cultura
9 Luglio 2012
Con i nuovi spettacoli comunitari “al tempo della crisi”

Conclusa la stagione del teatro Cortazar

di Marco Zavagli | 4 min

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Si è conclusa la stagione del Teatro Julio Cortazar che anche quest’anno, nonostante le più che esigue risorse disponibili, ha contato con una quindicina di serate frequentate da spettatori provenienti dalla città, dal vicino Veneto e da tutta la Regione.

Fulcro delle stagione “Primavera  2012 – Il Teatro al Tempo della Crisi”, oltre alle ospitalità, sono stati alcuni spettacoli in repertorio del Teatro Nucleo e le prime delle nuove produzioni  del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro “La Patria Nuova” e delle Donne Comunitarie “Asylum – il manicomio delle attrici”.

La vitalità del “Progetto Comunitario”, che dal 2006 ad oggi ha prodotto ben 7 diversi spettacoli, riafferma la vocazione della struttura gestita dal Teatro Nucleo in convenzione con il Comune di Ferrara, unico teatro stabile di produzione della Provincia; un Teatro vivo e dinamico, concentrato nella realizzazione del suo obiettivo primario:  essere uno spazio dove formazione, condivisione, esperienza, partecipazione, cittadinanza attiva, trasformazione, solidarietà, creatività, produzione culturale, democrazia siano  pratica e realtà concreta.

La realtà, unica in Italia, del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro e l’esperienza preziosa e intensa del gruppo teatrale di genere delle Donne Comunitarie certificano il radicamento nel territorio di appartenenza del  Cortàzar, un Teatro aperto alle centinaia di cittadini e cittaine che in questo trovano le risposte che cercano e dove è possibile scoprire che la pratica teatrale non è roba per pochi, ma necessaria per tutti.

Nel mese di maggio le cittadine/attrici che conformano le Donne Comunitarie hanno portato in scena  “Asylum – il manicomio delle attrici”; nello spettacolo, dedicato alla poeta Alda Merini recentemente scomparsa, le protagoniste vivono in uno spazio chiuso, un non luogo, un manicomio (asylum) dove va in scena un carosello di azioni ora giocose, ora drammatiche che si intrecciano ad una sorta di puzzle poetico in cui si riconoscono, oltre a quelle dolci e feroci della Merini, parole di Shakespeare e Bertolt Brecht. La regista Cora Herrendorf, già impegnata negli anni settanta presso l’Ospedale Psichiatrico di Ferrara nel processo di destabilizzazione manicomiale che portò alla Legge 180, una delle grandi conquiste civili del 900, ha dedicato lo spettacolo a quella stagione dando al contempo il suo contributo per contrastare i pericolosi revisionismi che, trentacinque anni dopo, tentano di affermarsi oggi nella società italiana. Bravissime e intense le 7 cittadine/attrici che, incarnando personaggi anonimi ed emarginati ci ricordano che il teatro non è imitazione della vita, ma  un mezzo per rifare la vita stessa.

Alla fine del mese scorso è stata la volta dell’attesissimo nuovo spettacolo del Gruppo Teatro Comunitario di Pontelagoscuro; sfidando il caldo soffocante portato dall’anticiclone “Caronte” un numerosissimo pubblico ha gremito il teatro per assistere alla prima de “La Patria Nuova”; il convinto e lunghissimo applauso seguito alle ultime note della bellissima canzone finale ha certificato che ne è valsa la pena. Partendo dalle vicissitudini di una famiglia pontesana che decise di partire per le americhe alla fine dell’800, i cinquanta cittadini/attori di tutte le generazioni del gruppo ha fatto memoria della grande migrazione italiana nel nuovo mondo a cavallo tra ottocento e novecento.

L’idea, l’urgenza per questo nuovo spettacolo, ci racconta il regista e coordinatore del gruppo Antonio Tassinari,  è cresciuta fra noi quando le strade del nostro paese/quartiere hanno iniziato a popolarsi più massicciamente di facce nuove, diverse.

Come tutta Italia, come l’intero continente, anche Pontelagoscuro vede infatti l’arrivo di nuovi colori, nuovi suoni e parole; profughi giovanissimi, ragazzi africani giocando al pallone sul campetto in riva al grande fiume nella sfibrante attesa di un permesso di soggiorno, giovani e meno giovani donne dell’est accudendo gli anziani più bisognosi, famiglie magrebhine o pakistane come nuovi vicini di casa.

Tutti alla ricerca di pane e lavoro, pace e futuro, tutti sognando una patria nuova.

Comprendere quelle vite, accettarne le diversità, impegnarsi per una convivenza armoniosa e fertile non è, per il Teatro Comunitario, cosa che accade per incanto – non per definizione ideologica, non per identità religiosa – è un percorso concreto e faticoso di conoscenza quello che deve essere intrapreso, se non si intende essere preda dei bassi istinti, dei luoghi comuni, della becera intolleranza – così pericolosamente incombenti e spesso moneta corrente nella società contemporanea .

In una evocativa scena cosparsa di paglia, accompagnandosi con intense canzoni originali e altre della tradizione popolare, attraverso l’utilizzo di maschere della commedia dell’arte e scene corali di grande impatto emotivo, il Gruppo Comunitario ha invitato i propri spettatori a condividere il tentativo di riconoscersi, compenetrarsi e specchiarsi, attraverso il racconto di ieri, nei migranti che oggi, per la stessa miseria, la stessa fame, la stessa mancanza di giustizia che soffrirono i nostri nonni e bisnonni, bussano alle nostre porte e ci interrogano.

Con “La Patria Nuova” continua con successo e con una sempre più convincente qualità del prodotto artistico  l’ostinato cammino del gruppo; l’esercizio, la pratica collettiva della memoria attraverso la pratica teatrale che è, dichiarano, “un motore di formazione personale e di trasformazione sociale, verso il sogno utopico di una comunità creativa, giusta e solidale”.

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