Cronaca
8 Maggio 2012
Una testimone: “Ho paura di fare la stessa fine di Paula”

In aula spunta la Mala del Brenta

di Marco Zavagli | 3 min

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“Ho paura di fare la stessa fine di Paula”. Alla fine lo ha ammesso. Dietro l’insistenza delle domande dell’avvocato Rocco Marsiglia, difensore di Gianina Pistroescu, la testimone Claudia Malagugini ha spiegato perché l’ultima volta che venne sentita non disse tutta la verità.

Siamo al processo per l’omicidio di Paula Burci e la testimone è stata richiamata perché, dopo l’udienza del 4 aprile, telefonò ai carabinieri confessando, “spinta dalla volontà che trionfi la giustizia”, come dirà in un primo momento, che alla Corte d’Assise di Ferrara non aveva raccontato tutto quello che sapeva.

Quanto omesso potrebbe rivestire una certa rilevanza se l’attendibilità della teste verrà verificata. Già il presidente della Corte, il giudice Luca Marini, ha dovuto richiamarla più volte ieri nel corso della deposizione, ricordandole che “per false testimonianza si rischiano fino a 8 anni di condanna”. Ma cosa aveva omesso? La donna, residente nel rodigino, venne citata a comparire una prima volta il 21 marzo. Non venne ascoltata perché la difesa chiese un termine per preparare il controesame. Poco dopo incontra casualmente in una trattoria Rodolfo Zamarco, gestore fino al 2008 della locanda Valmolin, albergo di Arquà Petrarca dove spesso avrebbe “alloggiato” Paula.

Zamarco sapeva che lei era stata chiamata a testimoniare. Le disse che “Sergio con l’omicidio non c’entrava nulla; che era stata Gianina ad assoldare degli ucraini o dei serbi kossovari, non ricordo, per picchiare Paula, ucciderla e far scomparire il corpo”. Il motivo? “La fece uccidere perché si era rifiutata di prostituirsi”.

La Malagugini non si chiede però come facesse Zamarco a sapere del suo coinvolgimento in qualità di testimone nel processo, né del perché fosse a conoscenza di quei dettagli tanto importanti in caso di riscontri.

Lei di “Rodolfo” si limita a dire che “è un uomo di cui ho paura, perché ha la fama di appartenere alla Mala del Brenta. Era stato coinvolto anche nell’assalto a un portavalori, poi venne archiviata la sua posizione (fatti che risalgono all’aprile 2003, ndr)”. Tutte accuse da dimostrare e alle quali Zamarco, ovviamente non presente in aula, non è stato in grado di rispondere. Potrà farlo alla prossima udienza, dal momento che la Corte ha disposto la sua audizione.

Ma Zamarco non è l’unico a parlarle della vicenda. Un giorno l’avvicina Benito Lombardo, “Il mio factotum” (la persona che l’aiuta nelle piccole faccende quotidiane). “Mi disse che Sergio stava coprendo qualcuno. Sta coprendo probabilmente i pesci grossi che devono rimanere fuori alle indagini”.

Era una minaccia indiretta? le chiede la pm Barbara Cavallo. “Evidentemente si, vogliono che io stia zitta…”.

Il processo prosegue l’11 maggio con la videoconferenza a Bologna nel corso della quale verrà ascoltata la compagna di cella della Pistroescu in Romania, alla quale l’imputata avrebbe confidato dettagli rilevanti sull’omicidio. Le udienze successive sono fissate per il 14 e il 21 maggio, quando verranno sentiti Zamarco e Benito Lombardo.

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