Mesola. Condannato a 8 anni e 4 mesi per aver stuprato una ragazza incinta al quinto mese. È la sentenza che esce dal tribunale di Rovigo dopo il processo per violenza sessuale aggravata a carico di Dragan Nikolic, 39enne di nazionalità serba.
Lui muratore, sposato, con figli, residente negli ultimi tempi a Mesola. Lei una studentessa sudaericana di 27 anni, arrivata sul Delta del Po come turista. In quel periodo – i fatti risalgono al gennaio 2009 – aspettava un bambino. Era al quinto mese di gravidanza.
Un particolare evidentemente secondario per Nikolic, assente per tutto il corso del processo, che era accusato anche di violenza privata, minacce e lesioni. La giovane, venezuelana ma residente in Argentina, in quei giorni era ospite da conoscenti a Porto Viro. Una mattina si incammina verso la fermata della corriera che doveva portarla a Venezia, quando incontra il 39enne, di passaggio a bordo della sua automobile.
Un primo “approccio”, qualche scambio di cortesia, e i due finiscono per decidere di cambiare i rispettivi programmi giornalieri e finiscono per dirigersi verso l’Altopiano di Asiago. La gita risulta piacevole, tanto che la coppia improvvisata di turisti prolunga la compagnia con una cena in un ristorante sulla via del ritorno, vicino a Rovigo.
Qui lui va oltre le galanterie rispettate fino ad allora, ma riceve un secco rifiuto. Apparentemente senza visibili conseguenze sull’umore del respinto. Una volta rientrati in macchina, però il conducente devia per una stradina laterale lungo la strada regionale 443, nel Comune di Villadose. Ferma l’auto e, dietro minaccia, la costringe a un rapporto sessuale.
Il terreno marcato dagli pneumatici risulterà una delle prove più evidenti dello stupro che di lì a poco la giovane denuncerà davanti ai carabinieri. Quel resoconto lo ha ribadito punto per punto ieri in aula, davanti al tribunale collegiale. Era venuta apposta in aereo dall’Argentina per avere giustizia.
E giustizia ha avuto. La condanna – 8 anni e 4 mesi oltre a 50mila euro di risarcimento nei confronti della vittima costituitasi parte civile e assistita dall’avvocato Francesco Zarbo – è stata pesantissima. E questo nonostante gli avvocati della difesa, Federico Donegatti e Angela Zambelli del foro di Rovigo, abbiano cercato in ogni modo di mitigare la posizione del loro assistito contestando la corrispondenza delle impronte delle gomme dell’auto e sottolineando l’assenza di riscontri delle celle della telefonia mobile per “mappare” la presenza dell’imputato nella zona dello stupro.
“Faremo sicuramente appello”, si limita a dire Donegatti, in attesa del deposito della sentenza.
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