Eventi e cultura
3 Ottobre 2010
Anteprima dell’opera su Alda Merini per Internazionale a Ferrara

Va in scena la Follia

di Redazione | 2 min

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Festival di Internazionale, corso Martiri della libertà. Davanti al teatro Comunale va in scena la follia. Nel pomeriggio tiepido, la lunga fila. Tranquillamente in attesa del proprio turno. 

Poi arriva L’Accademia  della Follia. Con il regista Claudio Misculin e gli attori del gruppo del Dipartimento di salute mentale di Ferrara. Stendono a terra coperte e lenzuoli, si sdraiano e cominciano il riscaldamento accanto alla fila in attesa. Pronti per la performance, anteprima dell’opera su Alda Merini che la compagnia sta preparando. Un saggio di pochi minuti dello spettacolo che sarà. La follia della poesia e il teatro come cura. Sul pavé appena rifatto del Corso. 

Il servizio d’ordine per un attimo sbanda, il traffico di pedoni e biciclette s’ingarbuglia, la perfetta macchina del Festival fatica a contenere  l’imprevisto. E s’interroga nervosa sul che fare.

Misculin e la sua Accademia della Follia hanno già portato a Ferrara, e nel resto d’Italia, le storie di Franco Basaglia e Giulio Maccacaro, la scienza medica e i suoi limiti, la psichiatria dei manicomi e la rottura dei suoi muri e paradigmi. E la città che aveva accolto le irriverenti teorie scientifiche e poi le pratiche istituzionali di liberazione, ha provato a spingersi fino nei territori dell’ arte. Con un ambizioso progetto triennale della Regione: “Teatro e salute mentale”. 

Ma questa volta non è sulle tavole del palcoscenico. La Follia dà il suo spettacolo in piazza, fianco a fianco alla narrazione ben ordinata del giornalismo. Non è facile. Per nessuno.

Ma poi  funziona.  La tensione si scioglie nelle parole, nei gesti e nella musica degli attori. All’Accademia della Follia, seguono gli “Attivi compagni” di Portomaggiore. Patrizia, fra gli altri, legge la storia,  pubblicamente strappata all’angoscia  del muto dolore interiore, del rapporto col padre. E’ uno dei testi usciti da un laboratorio di scrittura terapeutica durato sei mesi (pubblicati nel 2009 in “Non ho l’età”). E “A voce libera” guidato da Orazio Czertok  scioglie su testi da Catullo a Bukowski quel “groppo in gola” che chiude dentro quando si soffre.

Alice, dell’Accademia della Follia, rilascia un’intervista, meno spaventata davanti alla telecamera di chi la segue nel gruppo. “ Faccio teatro perché libera l’altra parte che c’è in me. Mi sento come una farfalla”. Efficace sintesi fra percorso terapeutico e metafora poetica.

Chiude la banda Tambù del Dipartimento salute mentale di Imola. Ritmo e percussioni. E lì non c’è  più storia: tutti battono le mani e muovono i piedi. Inalbera uno striscione “Ciò che appare non è”.

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