Cronaca
10 Novembre 2021
Indagine della Gdf di Ferrara. Le accuse sono di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, falso in atto pubblico e induzione in errore di pubblico ufficiale. Quattro i consulenti fiscali coinvolti

False dichiarazioni redditi per ottenere permessi di soggiorno: 60 persone indagate

di Redazione | 3 min

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Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Ferrara, a conclusione di una complessa e articolata indagine, ha denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale della città estense quattro consulenti fiscali che dietro compensi fornivano ai cinquantasei extracomunitari identificati, tutti residenti nel Ferrarese, false dichiarazioni dei redditi per ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

L’inchiesta, coordinata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Ferrara, è terminata con l’emissione di 60 avvisi di conclusione delle indagini per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, falso in atto pubblico e induzione in errore di pubblico ufficiale. I consulenti coinvolti, di cui uno con studio nel Ravvenate e tre con studi nel Bolognese, sono stati denunciati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, mentre per gli altri reati contestati, risponderanno in concorso con gli extracomunitari che ne avevano richiesto le prestazioni per ottenere i falsi documenti.

A dare il via alle indagini delle Fiamme Gialle sono state diverse segnalazioni di natura amministrativa pervenute dall’Ufficio Immigrazione della Questura del capoluogo estense, destinataria di numerose domande per il rinnovo dei permessi di soggiorno da parte di cittadini extracomunitari residenti nella provincia ferrarese.

L’esame della documentazione fiscale redatta per il rilascio dei documenti di soggiorno ha portato ad accertare, in molti casi, che i professionisti avevano richiesto all’Agenzia delle Entrate un’attribuzione solo “formale” della “partita iva” per i loro “clienti”, poiché quest’ultimi di fatto non hanno avviato alcuna attività di natura imprenditoriale: le attività dichiarate sono state le più svariate, dal commercio al dettaglio e all’ingrosso, alle attività di tipo artigianale o manifatturiere etc.

Nessuno dei “neo imprenditori” individuati ha mai avuto una sede effettiva, attrezzature, macchinari, capannoni, dipendenti, né rapporti con clienti e fornitori. Così, a chiusura dell’anno fiscale, i consulenti compiacenti provvedevano a inserire nelle dichiarazioni presentate telematicamente al fisco per i loro clienti, i dati “artefatti” di una contabilità inesistente: dal fatturato alle spese, comprese quelle per l’eventuale personale dipendente.

Lo scopo finale delle decine di azioni criminose messe sistematicamente in atto almeno dal 2014 dai professionisti indagati era quello di consentire ai propri clienti di far figurare che possedevano il cosiddetto “reddito sociale superiore alla soglia minima”, pari a 5.983,64 euro, necessario per istruire le pratiche di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno, e in particolar modo di quello cosiddetto di “lungo periodo”, il più ambito, perché consente di spostarsi liberamente e senza limiti temporali e di ottenere anche il ricongiungimento familiare. Il tutto, ovviamente, dietro compenso.

Il sistema illecito individuato dalla Guardia di Finanza di Ferrara era ben collaudato: i professionisti bolognesi e ravennati venivano contattati attraverso il classico “passaparola”.

L’attività in rassegna si inserisce nella specifica e generale azione che la Guardia di Finanza svolge trasversalmente sia per difendere la legalità economico-finanziaria, sia per contrastare il favoreggiamento all’immigrazione clandestina a tutela degli interessi dello Stato e della collettività, attraverso l’attività di concorso alla sicurezza interna ed esterna del Paese.

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