Attualità
23 Ottobre 2017
Le considerazioni di monsignor Gian Carlo Perego sull’Italia delle migrazioni e il diritto di cittadinanza

Il vescovo: “Non considerare immigrati come necessari, ma non benvenuti”

di Redazione | 2 min

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Al 1º gennaio 2017 l’Italia si presenta come un Paese multiculturale: 5.029.000 immigrati comunitari e non, di 198 Paesi del mondo, l’8,3% della popolazione. In 25 anni l’Italia è diventata ‘diversa’, con una crescita di cittadini immigrati (+ 66.000 nel 2016) e un calo di cittadini italiani (-162.000): un calo ancora più grave di cittadini italiani se si pensa che 178.000 stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana.

Sono i numeri dai quali il vescovo di Ferrara, Gian Carlo Perego, parte per alcune considerazioni sull’Italia delle migrazioni e il diritto di cittadinanza. “L’acquisizione della cittadinanza – fferma – è, per certi versi, la tappa finale del processo di integrazione degli immigrati che permette il passaggio dalla condizione di“straniero” a quella di “cittadino italiano”. Risulta oggetto di dibattiti molto accesi il come modificare le procedure di acquisizione della cittadinanza da parte “dei nuovi italiani”, e soprattutto dei loro figli, alla luce dello stadio di maturazione che ha raggiunto l’immigrazione nella Penisola”.

Eppure il vescovo fa notare come la condizione stessa degli immigrati in Italia, “soprattutto quando essi progettano il loro futuro nel nostro Paese, deve essere in qualche modo superata con la pienezza della partecipazione sociale e quindi della cittadinanza. Lo stesso loro contributo, determinante allo sviluppo economico italiano, li legittima ad accedere ai diritti sociali di cittadinanza. D’altra parte, il radicamento di queste donne e di questi uomini nella società italiana si esprime anche con l’associazionismo e la loro propensione all’impegno politico, sindacale e sociale”.

Nonostante ciò, le procedure per l’acquisto di cittadinanza italiana sono ancora legate al principio dello ius sanguinis (acquisto della cittadinanza per discendenza). Nella maggior parte dei paesi d’immigrazione, invece, l’acquisto si ottiene iure soli (diritto di suolo). “Forse – aggiunge Perego – una condizione necessaria per l’introduzione delle norme che facilitino maggiormente le procedure che permettono di diventare cittadino italiano, sarebbe il superamento dell’atteggiamento nei confronti dell’immigrazione in termini di sicurezza, oppure la considerazione degli immigrati come necessari, ma non benvenuti”.

Un discorso simile vale anche il mondo della scuola e della famiglia, che “chiede una forma nuova di cittadinanza (jus culturae). Comunque sia, l’anzianità di presenza di molti migranti, ha avuto i suoi effetti. Negli ultimi cinque anni è più che triplicato il numero di cittadini non comunitari diventati italiani: sono passati da meno di 50 mila nel 2011 a quasi 159 mila nel 2015. Al 31 dicembre 2015 su un totale di 178.035 acquisizioni di cittadinanza di stranieri residenti con un aumento, rispetto alla stessa data del 2014, del 37,1%. Di queste 158.891 riguardano non comunitari residenti e 19.144 comunitari: il mondo e non l’Europa chiede di trovare una città in Italia, una nuova cittadinanza”.

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