Lettere al Direttore
31 Luglio 2017
I primi cittadini chiedono un cambio di rotta nella gestione del fenomeno migratorio: quote stabilite e permessi di soggiorno legati a contratti lavorativi

“Tornare alla logica del Decreto Flussi”

di Redazione | 4 min

Di seguito la lettera al prefetto di Ferrara e ai parlamentari locali scritta da una rappresentanza istituzionale di sindaci del territorio ferrarese, senza distinzione di schieramenti politici. I primi cittadini premono per un cambio di rotta sulla gestione dei flussi migratori. Occorre – scrivono – passare dall’attuale  immigrazione ‘fai da te’ all’“antica e virtuosa prassi” del Decreto Flussi’: quote stabilite e permessi di soggiorno legati unicamente a un contratto lavorativo, al fine di dare indipendenza economica a chi arriva ed evitare spreco di risorse pubbliche. La ricetta, già in uso negli anni passati soprattutto per selezionare lavoratori immigrati da impiegare nei settori non più ambiti dagli italiani, è per i sindaci firmatari quella che oggi offrirebbe maggiori garanzie per chi arriva, più controllo del territorio, meno sbandati per le strade.

A Sua Eccellenza il Prefetto di Ferrara
Ai Parlamentari locali
Oggetto: Proposta legislativa per il ritorno al Decreto Flussi

In questi anni di gestione degli importanti flussi migratori che interessano il nostro Paese,ci siamo resi conto di molte contraddizioni irrisolte e intendiamo sollecitare un cambio di prospettiva, a tutela dei territori, dell’economia regolare, delle prospettive di vita che si vuole offrire a chi arriva nel nostro Paese per povertà. Esiste uno strumento efficace, virtuoso, alternativo ai barconi che è già stato utilizzato, con buoni frutti. Ci riferiamo al Decreto Flussi, l’atto amministrativo con il quale il Governo programma ogni tre anni, e
stabilisce annualmente, quanti cittadini stranieri non comunitari possono entrare in Italia per motivi di lavoro. Uno strumento che lega l’ingresso nel Paese alla garanzia di un lavoro è una tutela per chi arriva e una garanzia anche per la comunità che riceve. Il Paese, in questo modo, accoglie chi può accogliere, senza gravare sulle risorse pubbliche, programmando gli arrivi sulla base dell’effettiva necessità di forza lavoro e della reale capacità di integrazione dei territori, facendo leva su alcuni elementi imprescindibili quali il controllo del territorio, le esigenze dell’impresa e del sistema Paese. La procedura era chiara e tutelava tutti i
soggetti in gioco: i territori chiedevano – coinvolgendo le Associazioni di categoria – un numero prefissato di lavoratori stranieri per determinate mansioni difficilmente reperibili in Italia; lo Stato recepiva le richieste e assegnava le quote alle diverse categorie lavorative, (su tutte, colf/badanti, lavoratori subordinati dell’industria e lavoratori agricoli stagionali), il Paese di provenienza dell’immigrato garantiva per l’immigrato stesso e, una volta terminata la procedura, lo straniero veniva fornito di regolare permesso di soggiorno, accolto dal richiedente e messo al lavoro, mantenendosi autonomamente. Purtroppo, nella gestione attuale, non si esercita un controllo a monte, gli arrivi sono distribuiti nei territori in base alle disponibilità dei privati, spesso si fatica a stabilire identità, provenienza e diritti di chi raggiunge il nostro paese, senza contare che la modalità di accoglienza favorisce una condizione passiva degli immigrati, fatto che rende più difficile l’integrazione, lasciata spesso in mano a sporadiche iniziative territoriali, favorendo l’illegalità. Tutto questo ha inoltre un costo non irrisorio per il bilancio di uno Stato, il nostro, chiamato a compiere grandi sforzi per riagganciare la ripresa economica.

La situazione è ancor più paradossale perché la consuetudine negativa ha soppiantato il modello positivo preesistente. L’accoglienza di massa ha infatti dato una spallata alla virtuosa prassi che era stata introdotta dal Decreto Flussi. I numeri del 2016 ne sono testimoni: degli oltre 30.850 posti messi a disposizione (17mila destinati a stagionali di agricoltura e turismo e 13.850 tra lavoro autonomo e conversioni), l’anno scorso sono arrivate 44.649 domande. Di queste solamente una su cinque ha avuto esito positivo. E’ una questione politica, amministrativa, ma anche etica: davvero lo Stato preferisce accogliere immigrati mantenuti piuttosto che offrire loro l’opportunità di un lavoro?  Davvero preferisce spendere quasi 5miliardi di euro per mantenere centinaia di migliaia di extracomunitari senza tutele anziché selezionare chi arriva, garantendo condizioni dignitose e un lavoro, peraltro utile all’intera collettività?

Noi pensiamo si possa e si debba tornare alle buone prassi del passato. Per questo, come Sindaci che vivono da vicino le contraddizioni di una gestione così caotica dell’immigrazione, sollecitiamo S.E. il Prefetto e tutti i Parlamentari del territorio a promuovere un’azione presso il Governo centrale per rilanciare la buona prassi del Decreto Flussi, restituendo quelle garanzie che – immigrati e comunità ospitanti – hanno il diritto di avere. Pronti a offrire il nostro pieno contributo, rimaniamo in attesa di una cortese risposta

Cordialmente

Fabio Bergamini – Sindaco di Bondeno
Daniele Garuti – Sindaco di Poggio Renatico
Fabrizio Toselli – Sindaco di Cento
Roberto Lodi – Sindaco di Terre del Reno
Chiara Cavicchi – Sindaco di Voghiera
Andrea Brancaleoni – Sindaco di Tresigallo

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