Spettacoli
12 Marzo 2017
Il direttore de Il fatto quotidiano ripercorre al Teatro Nuovo la storia del giornalismo italiano basato sull'"uso della lingua"

Da Mussolini a oggi, 70 anni di cortigiani secondo Travaglio

di Redazione | 3 min

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Non risparmia proprio nessuno, e in particolar modo i suoi colleghi giornalisti, il passaggio ferrarese di Marco Travaglio, accompagnato dall’attrice Giorgia Salari, con il suo spettacolo teatrale Slurp portato in scena al Teatro Nuovo. Il direttore de Il fatto quotidiano, con il suo solito sarcasmo e la sua pungente ironia, ripercorre la storia del giornalismo italiano basato troppo spesso sulla ricerca del compiacimento e “dell’uso della lingua” verso il potente di turno.

Uno spettacolo quello di Travaglio che si pone come obiettivo ultimo una riflessione attenta e una vigilanza accurata dei lettori o spettatori sul sistema dell’informazione nel nostro paese.

“Si sale e si scende dal carro del vincitore rapidamente e a farlo sono soprattutto gli intellettuali e in particolare la sua sotto categoria che sono i giornalisti”, spiega Travaglio subito dopo aver mostrato un breve e divertente confronto tra l’agenda sportiva settimanale di Mussolini e quella di Renzi raccontata come fatti eroici dalla stampa. Così, se la Dc è sopravvissuta a questo leccaculismo giornalistico (“probabilmente per mancanza di culto della personalità e per questo forse è durata 50 anni”), la stessa cosa non si può dire da Bettino Craxi (“lodato perfino da Eugenio Scalfari”) in poi.

Tra articoli e interviste di Bruno Vespa, Agostino Saccà, Gianni Riotta, Renato Farina, Vittorio Feltri e l’onnipresente Giuliano Ferrara (“sempre a favore del politico del momento”) si ripercorre Tangentopoli e l’esaltazione di Di Pietro, l’avvento del Berlusconismo (“in cui ci si è inventati la figura dello scudo umano a mezzo stampa”), i governi di centro sinistra (“pugnalati all’interno perché non si sa mai che si vinca senza accoltellarsi”) e quelli delle larghe intese il tutto con un unico comune denominatore dei giornalisti-lecchini.

Il pezzo forte dello spettacolo però è sicuramente la parte sulla riconferma di Napolitano come presidente della Repubblica a cui Travaglio non risparmia critiche. “I giornali in Italia – attacca sarcastico il direttore del Fatto – non servono a smascherare le bugie dei potenti ma a trovargli delle scuse. Napolitano per i media venne rieletto perché non si riusciva a trovare un sostituto e il tempo passava, ma sono tutte balle e loro stessi gli avevano chiesto di rimanere”.

Quello della rielezione di Napolitano per Travaglio è a tutti gli effetti “un golpettino bianco utile a rifare le larghe intese. Quando Napolitano decide di andarsene si cerca di trapiantare su Mattarella il suo culto della personalità cercando di leccare anche lui, ma non è facile perché si fatica a trovargli una qualità”.

“Non c’è stato un solo politico che in 70 anni si sia ribellato ai cortigiani, escluso Mussolini, ma la piaggeria è un boomerang che all’inizio porta consenso ma poi dissenso”, sostiene in chiusura il direttore del Fatto, per questo “se uno viene visto come messia poi ci si aspetta miracoli altrimenti si finisce a gambe all’aria come Mussolini o con la gente che ti lancia monetine e sassi come a Craxi, Berlusconi e come sta rischiando ora Renzi con molti dei suoi che fanno finta di non conoscerlo”.

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