Eventi e cultura
26 Febbraio 2017
Pietro Malatesta, il personaggio nato dalla penna di Lorenzo Mazzoni, torna in libreria con "Riti propiziatori di un uomo perbene”

“Ferrara? È una città meravigliosa”, parola di sbirro anarchico

di Marco Zavagli | 6 min

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(foto di Elisa Carta)

Un misterioso assassino che uccide quattro poliziotti a colpi di mitragliatrice e fugge in bicicletta. Un’indagine che si dipana nella zona “calda” della città. La voglia repressa di correre a tifare Spal insieme ai compagni della Curva Ovest. Torna in libreria con “Riti propiziatori di un uomo perbene”, edito da Koi Press, lo sbirro anarchico nato dalla penna dello scrittore ferrarese Lorenzo Mazzoni.

Il tuo nuovo romanzo si apre con l’omicidio di quattro poliziotti. Avevamo conosciuto lo sbirro Pietro Malatesta alle prese con un delitto che vedeva vittima un ragazzo per mano di quattro appartenenti alle forze dell’ordine. Lo ritroviamo che indaga su un delitto dove vittime e carnefici sembrano capovolti. C’è un nesso?

In parte. I quattro poliziotti vengono uccisi davanti a un pub all’incrocio tra via Poletti e via Bologna. A due passi c’è l’Ippodromo, e proprio davanti all’entrata di questo il killer lascia la bicicletta dopo aver compiuto la strage. Per anni, quando abitavo a Ferrara, tornando alla notte (la mia casa è a pochi metri da dove prende il via il romanzo) ho visto pattuglie della polizia e dei carabinieri parcheggiate sul marciapiede, di fronte al locale. Oltre alla maleducazione e all’esempio negativo, ho sempre trovato di cattivo gusto eleggere come posto di ritrovo un pub così vicino a dove venne ucciso Federico Aldrovandi. La narrativa spesso estremizza i sentimenti di chi la scrive, ma aiuta a far comprendere certe situazioni.

La tua produzione non si è mai scostata da un esame critico, a volte feroce, dalla realtà circostante. Immagina di scrivere un libro sulla politica ferrarese, con i capitoli Palaspecchi, Cona, la ristrutturazione del Paolo Mazza, la microcriminalità in zona Gad, ma anche le tante attività culturali. Come ne parleresti e quali sarebbero i tuoi personaggi?

Molti dei personaggi di questa e delle passate indagini prendono spunto da tutto ciò, nel bene e nel male. Penso al consigliere leghista freddato nel primo volume, al finto progressista della seconda indagine, alle complicità politiche legate al Darsena City della terza e così via. Sono personaggi imbarazzanti nella loro emulazione del brontosauro (con microscopico cervello annesso). Non vivendo più a Ferrara ma in un fecale e orribile hinterland lombardo, spesso mi dico che il ferrarese che non esce mai dalla città non si rende minimamente conto della fortuna che ha. Ferrara è una città meravigliosa, dove si vive bene, anzi, benissimo. I personaggi coinvolti nelle magagne politiche sono una minoranza, ma spesso gli si dà un risalto esagerato. Vedi anche la situazione alla Gad: vorrei invitare dalle mie parti i contestatori, forse realizzerebbero che ci sono problemi molto più importanti. Certo, Palaspecchi, Darsena City, l’ospedale in culo ai lupi, edificato su una palude, sono cose raccapriccianti, ed è giusto dargli contro; io lo faccio con i libri, è l’arma migliore che ho, ma spesso si dimenticano le tante iniziative culturali, il clima amichevole del centro e dei quartieri popolari, le biciclette, il verde, la Spal. Luoghi comuni? Sì. Beh, lo sono anche la Gad, i terroristi e  “siamo tutti disoccupati”.

Rimanendo sull’attualità ferrarese, il tuo personaggio – visto il momento in cui scrivevi il libro – non sa ancora che il vescovo Negri è andato in pensione. Come reagirebbe?

Preparandosi il suo speciale Piña Colada alla Malatesta e ascoltando i Clash a palla. È un uomo che definisce la fucilazione del prete in “Terra e libertà” di Ken Loach il momento più elettrizzante del film, che deve convivere con un figlio islamico e con l’ottusità dei poteri forti sempre in odor di santità e castità. Non è che ami molto nessun tipo di credo.

Un altro Piña Colada probabilmente se lo godrebbe pensando all’esaltante la stagione della Spal.

Il precedente romanzo “Il giorno in cui la Spal vinceva a Renate”, storia totalmente dedicata alla compagine calcistica estense e ai suoi tifosi, si concludeva con la Spal tornata in Lega Pro e con l’avventura di Leonardo Semplici. Questa nuova avventura malatestiana è ambientata durante l’annata della promozione in serie B, e ora che lo “sbirro anarchico” si è finalmente deciso a tornare in Curva Ovest non può farlo perché deve seguire l’indagine. Malatesta è un tifoso, associa la Spal alla ferraresità più autentica, è il suo collante con la propria città, non può che essere esaltato da quello che sta succedendo.

Tu conosci e hai vissuto dal di dentro il mondo del tifo. In questi giorni gli ultrà non solo di Ferrara ma di tutta Italia sono con il fiato sospeso per Pietro Verri, il tifoso caduto dagli spalti del Bentegodi.

La perdita di Lillo prima e l’incidente a Pietro poi mi hanno scosso profondamente. Questo nonostante io viva a Milano e segua la Spal solo in trasferta quando posso, e nonostante non parlassi con entrambi da molti anni. Lillo e Pietro sono figure che risvegliano i ricordi, che quando vedo, pedalando per Ferrara, le volte che torno, riallacciano i fili di un mio passato con una consapevolezza quotidiana che mi dice che va tutto bene, che la ferraresità c’è ancora, esiste, resiste. Quello che hanno fatto diversi siti di informazione dei giorni successivi a Verona è raccapricciante. Lo stupro del dolore nei confronti di Pietro Verri, dei suoi cari e di tutte le persone che gli sono vicine è disgustoso. È stata violentata un’intimità, ed è stata violentata anche una tipologia di vita comunitaria che deve vivere, deve andare avanti, perché ne abbiamo tutti  bisogno.

Quanto c’è di Pietro Malatesta in quello che mi stai dicendo e quanto di Lorenzo Mazzoni?

Metà e metà. A volte sbandiamo nella sua metà campo a volte nella mia. Come dicevo prima la narrativa estremizza i sentimenti degli autori. È un buon modo per raccontare ciò che non ci piace. I romanzi con protagonista Malatesta li vivo non solo come semplici plot noir, ma come il mio tentativo di scrivere narrativa popolare. E questa deve per forza avere dei significati, anche sociali, e quelli sono miei.

Il tuo libro è edito da Koi Press, un’etichetta, si direbbe oggi, indipendente. Non dobbiamo per forza cadere nella piaggeria, ma come valuti le 70.000 copie vendute fino adesso dai tuoi romanzi nonostante i circuiti indipendenti?

Koi Press è un editore molto attento e sa muoversi bene nei circuiti non ufficiali. Non è sempre così. Quando non fai parte della grassa e spesso noiosa editoria mainstream è difficile trovare il proprio spazio. Malatesta ha funzionato da subito grazie al passaparola, alle tante recensioni dei lettori, al fatto che, mi auguro, sia un personaggio seriale che piace, che anticipa i tempi: le canne da queste parti ce le facevamo che Rocco Schiavone doveva ancora nascere dalla penna del suo autore. Ma a parte gli scherzi, credo che nell’editoria indipendente io abbia trovato il mio spazio semplicemente perché non sono nato per seguire, è più forte di me, e c’è un pubblico per gli scrittori come il sottoscritto. Vengo tradotto, vinco premi, alle presentazioni si presentano i lettori, insomma, come capita con gli autori di King Mondazzoli e i suoi seguaci, solo che rimane sotterraneo, fuori dai circuiti di massa. Personalmente lo trovo molto bello.

In futuro rimarrai fedele al romanzo o pensi che potresti cimentarti con qualche nuova forma?

Non so fare altro che scrivere romanzi, e racconti. Uscirà una short-story di Malatesta sui fatti di Goro e Gorino che verrà inserita nella prestigiosa antologia del Noir Mediterraneo in autunno. Ma la poesia l’ho lasciata alle scuole superiori, le sceneggiature non sono in grado di scriverle e il resto non mi interessa. Mi affascinano altre espressioni artistiche legate al romanzo, ho amato e amo collaborare con fotografi come Marco Belli e con illustratori come Andrea Amaducci (che firma anche la copertina di quest’ultimo lavoro, ndr), però la forma scritta, lunga e narrativa, deve esserci.

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