Lettere al Direttore
23 Febbraio 2017

Libertà condizionata

di Redazione | 3 min

Gentile Direttore,

in un commento ad un’ironica lettera sul sindaco pubblicata da estense.com c’è il seguente paragrafo: “Proposte e programmi, questi sono gli ingredienti che servono per costruire il futuro. Critiche, denigrazioni e sarcasmo (anche se giustificate) se non accompagnate da controproposte sono solo chiacchiere inutili.” che  mi sembra meritevole di attenzione, per tre motivi:

1 – riporta un concetto frequente nelle repliche alle critiche rivolte all’amministrazione Tagliani, quindi caratteristico di un modo di ragionare diffuso fra i suoi elettori o fra chi disdegna le figure retoriche dell’ironia e del sarcasmo;

2 – il concetto non è stato contestato da nessun altro commentatore;

3 – conseguenza di quanto sopra, per molte persone “critiche, denigrazioni e sarcasmo” non possono far parte della categoria delle “proposte”, neppure indirettamente.

Il punto 3 evidenzia un curiosa interpretazione: figure retoriche a parte, se un cittadino indignato critica il sindaco per certe nefandezze, quel biasimo non viene inteso come sollecitazione a non reiterare l’errore, ma come uno sterile esercizio perché mancante di “controproposta”.

In altri termini, a sfottere un sindaco che dilapida un patrimonio si ottiene di far percepire un dileggio, non di far capire lo scandalo del danno alla collettività. Questo insegna che se non si aggiunge alla critica un esplicito monito del tipo: “sindaco, bricconcello! non faccia mai più cose insensate!”, tante persone non afferrano il messaggio veicolato, cioè l’implicito invito ad un’inversione di rotta etica, perché proprio di questo si tratta: osservando la Legge si può sempre scaraventare l’Etica e la Morale giù per le scale di cantina, come avviene. Come se l’insofferenza alla politica degenerata non sorgesse dalla ripulsa agli abusi resi possibili dalle larghe maglie di leggi prive di buonsenso.

Questa disamina su un commento sarebbe fine a se stessa se il piccolo problema sollevato non rientrasse nell’ambito di un macro problema: l’analfabetismo funzionale di metà degli italiani è stato accertato e confermato, perché il livello culturale dell’Italia è monitorato in sedi internazionali.

Secondo i sondaggi OCSE, che indagano le capacità di lettura dei 16-65enni classificate secondo tre livelli di competenze (1-riconoscimento delle parole stampate, 2-capacità di elaborare il significato di una frase, 3-capacità di comprendere un testo corposo), risulta che in media il 28% degli adulti italiani non supera il livello 1.

Per fortuna l’OCSE trascura gli ultra sessantacinquenni, i più esposti al rincoglionimento senile. Ma se dovesse tenerne conto risulterebbe una realtà sociale satura di individui in stato confusionale ad ogni tentativo di lettura. È il momento di preoccuparsi alla grande: in uno stato moderno, un’approssimativa capacità di lettura divenuta fenomeno di massa equivale all’assenza di strade asfaltate e acquedotti.

Signor Direttore, da addetto ai lavori Lei sa bene che la classifica annuale della libertà di stampa vede l’Italia al 77° posto su 180 stati (per i soliti endemici motivi: se i giornalisti provano a scrivere di mafia devono vivere sotto scorta, se i giornali parlano senza peli sulla lingua dei politici vengono regolarmente trascinati in tribunale..), col risultato che la qualità dei quotidiani tende al valore della risciacquatura dei piatti, e il crollo delle vendite lo dimostra. Sommando allora queste due scarse libertà (giornalistica e di comprensione), non crede che il problema abbia raggiunto una tale gravità da richiedere una modifica costituzionale, per aggiungere commi ad hoc fra gli articoli 13 e 28 della Costituzione a tutela di due libertà ormai troppo condizionate?

Cordiali saluti.

Paolo Giardini

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