Cronaca
13 Febbraio 2017
La Polizia di Stato colpisce una ramificata organizzazione criminale che reclutava e ricattava le giovani in Nigeria

Facevano prostituire anche minori, arrestate due donne

di Redazione | 4 min

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Sono due cittadine nigeriane di 28 e 33 anni, Becky David e Chinyere Okoro, le donne tratte in arresto per prostituzione minorile, favoreggiamento e sfruttamento aggravati, dalla seconda sezione della Squadra Mobile di Ferrara.

Le due, rintracciate a seguito di perquisizioni eseguite a Ferrara e a Pescara in collaborazione con l’omologo ufficio investigativo, sono state tratte in arresto lo scorso 8 febbraio  in esecuzione delle misure cautelari emesse dalla procura della repubblica di Bologna.

Le donne arrestate lavoravano per una ramificata organizzazione criminale che reclutava le donne in Nigeria, le accompagnava fino ad una località oggetto di approfondimenti investigativi e da lì le imbarcava alla volta dell’Italia promettendo una sistemazione lavorativa. Venivano infatti reclutate con il miraggio di un lavoro sicuro grazie al quale avrebbero ripagato il costo del viaggio. Arrivate nel nostro Paese scoprivano che il lavoro sicuro in realtà non esisteva e che per ripagare il loro debito avrebbero dovuto vendersi per le strade. Le ragazze venivano quindi costrette a “vendere il loro corpo” per poter saldare il debito contratto con l’organizzazione. Il contratto era stato sancito attraverso un rito woodoo, con il quale le ragazze si impegnavano a restituire l’equivalente di 30mila euro. Oltre che sul woodoo, per obbligare le ragazze, gli aguzzini facevano leva anche su eventuali ritorsioni a cui sarebbero stati esposti i loro familiari rimasti in Nigeria. L’organizzazione si serviva, infine, di alcune donne per il controllo su strada delle ragazze.

A Ferrara, nella casa dove una delle ragazze era stata collocata, vivevano anche la seconda sfruttatrice arrestata e altre due ragazze, delle quali una ancora minorenne, che a loro volta si prostituivano.

L’attività investigativa è stata avviata nel maggio scorso, quando Grace, nome di fantasia di una delle ragazze schiavizzate dagli sfruttatori, ha deciso di affrancarsi dalla vita di strada e di raccontare tutto agli uomini della Polizia di Stato di Ferrara. Grazie alla sua collaborazione gli investigatori della Mobile di Ferrara hanno ricostruito l’odissea delle ragazze soggiogate dall’organizzazione.

In particolare, la molla è stata un servizio di controllo eseguito nel febbraio 2015, quando Grace e altre due ragazze sono state fermate in strada: lei, in regola, è stata affidata al Centro donna e giustizia, così come la minore con l’aiuto dei servizi sociali, mentre una terza, irregolare in Italia, è stata espulsa e condotta nel Cie di Roma. Proprio grazie alla fiducia creatasi con il Cdg, Grace ha iniziato un percorso di alfabetizzazione e inserimento lavorativo che la ha portata progressivamente a comprendere la necessità di denunciare gli aguzzini, con racconti dettagliati poi confermati anche dalla ragazza allora minorenne.

Secondo la denuncia, le ragazze erano in grado, quando andava bene, di racimolare circa 200 euro a sera e un migliaio a settimana. Ma le sfruttatrici trattenevano 250 euro al mese per l’affitto, più 40 euro a settimana per la spesa e altri 50 euro in tempi di magra, da inviare allo stregone del paese affinché arrivassero più clienti. Oltre, ovviamente, alla quota per ripagare il debito. Erano costrette a stare in strada, in via Veneziani, fino alle 6 del mattino, se tornavano prima o venivano riportate sul luogo di lavoro oppure venivano costrette a dormire sul pavimento della cucina, come punizione “perché volevano una vita comoda”.

Da qui poi sono nati i controlli della Polizia estense nell’appartamento di via Cattaneo dove le ragazze vivevano insieme alle due arrestate, che nel 2016 avevano già trovato i rimpiazzi per le schiave perse. Gli inquirenti hanno notato un via vai continuo di persone, compreso un signore italiano che accompagnava e riaccompagnava le ragazze, ma che non avrebbe tratto vantaggi economici dall’attività. Il giorno dell’intervento la Becky era in treno verso la Puglia – ed è stata fermata a Pescara – mentre in casa c’era la Okoro che si era ritagliata un’ampia stanza con tutti i comfort, compreso un televisore da 40 pollici, soldi, e tanti telefoni cellulari; mentre le altre ragazze (quattro) vivevano in piccolo tuguri dove non mancavano quantità elevate di preservativi.

“È difficile instaurare una relazione che porti a una denuncia con queste ragazze – spiega Carlotta Rossi, responsabile del progetto accoglienza del Cdg -: hanno paura e il rito voodoo è molto importante”. A contare tanto è anche la situazione di estrema povertà, il vincolo che si crea con la famiglia e la scarsissima alfabetizzazione da cui provengono le ragazze sfruttate, che si può spezzare proprio introducendole in un percorso inverso: “Grace proprio con l’alfabetizzazione ha iniziato a capire di aver fatto un giuramento per un tipo di lavoro diverso, e che quindi non era tenuta a rispettarlo”. Un percorso che oggi a Ferrara stanno seguendo 36 donne liberate dalla schiavitù della prostituzione.

“Le ragazze erano molto contente alla notizia degli arresti”, riferisce Rossi. “Spero che sia di monito per altre ragazze sfruttate – aggiunge in conclusione il dirigente dalla Mobile, Andrea Crucianelli -, che capiscano che se si sporge una denuncia circostanziata e densa di particolari le indagini che seguono riescono ad essere concluse con l’individuazione e l’arresto dei responsabili”.

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