Cronaca
13 Gennaio 2017
Nel carcere minorile si sono tenuti gli interrogatori di garanzia dei due indagati di Pontelangorino

Gli omicidi decisi solo poche ore prima

di Redazione | 5 min

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Pontelangorino. Hanno pensato di uccidere Nunzia Di Gianni e di Salvatore Vincelli solo poche ore prima. Forse il giorno precedente. È l’impressione che ha avuto l’avvocato Gloria Bacca al termine dell’interrogatorio di garanzia di Riccardo all’interno del carcere minorile di Bologna. Il sedicenne, indagato per l’omicidio premeditato dei genitori, insieme a M., il suo migliore amico, di 17 anni, “sta prendendo coscienza di quello che ha fatto”. E lo dimostrerebbe il fatto che “è stato molto collaborativo con la procura”.

Davanti al pm Silvia Marzocchi Riccardo ha sostanzialmente confermato quanto confessato durante le dieci ore di ‘terzo grado’ nella caserma dei carabinieri il giorno successivo al duplice delitto di Pontelangorino “puntualizzando alcune cose, dalla notte passata con il complice fino alla mattina successiva”. Davanti al pm “che conosceva benissimo il caso, così come i carabinieri che hanno fatto un ottimo lavoro – aggiunge il legale – non si è contraddetto e ha risposto in maniera esaustiva a ogni domande”. “Non si è parlato assolutamente si sostanze stupefacenti” precisa dietro specifica domanda l’avvocato Bacca.

Se ne è parlato invece durante l’interrogatorio di M., il complice autore materiale del duplice omicidio, anche se “non voglio entrare nel merito di quanto dichiarato dal ragazzo”, afferma il suo difensore, l’avvocato Lorenzo Alberti Mangaroni Brancuti. L’avvocato, in attesa dell’udienza di convalida del fermo, che si terrà oggi (venerdì), si limita a descrivere il suo assistito come “sconvolto: sì, sconvolto è il termine più appropriato. Cercheremo di iniziare subito un percorso di recupero e per quel che mi riguarda dargli l’assistenza legale di cui necessita. Oggi il giovane ha offerto ampia collaborazione agli inquirenti e quanto emerso non diverge molto da quanto già scritto sui giornali”.

E tra le novità emerse c’è una telefonata che Salvatore Vincelli aveva fatto al dirigente scolastico dell’istituto frequentato dal figlio. Chiedeva un incontro per discutere dello scarso rendimento del figlio. L’appuntamento era stato fissato per martedì. A quell’incontro il padre non si presentò. Lui e sua moglie giacevano già senza vita nella loro casa di via Fronte Primo Tronco. Particolare confermato anche dal dirigente scolastico reggente.

In attesa dell’udienza di convalida, si completa intanto il puzzle della ricostruzione di quella drammatica notte. Fu M. a brandire l’ascia e accanirsi contro i coniugi Vincelli-Di Gianni, aggredendo prima l’uomo – svegliatosi avendolo sentito entrare, ma senza fare in tempo a difendersi – con tre colpi e poi la donna con sei. Nel farlo lascia tracce, quelle delle scarpe numero 41 in particolare, ritrovate dalla scientifica in alcune chiazze di sangue nell’abitazione e sopra una coperta. Il tutto dopo aver ricevuto la promessa di avere mille euro dall’amico del cuore e poco più di ottanta come acconto. Esecutore del piano ideato da Riccardo per risolvere il suo rapporto conflittuale con i genitori, soprattutto con la madre: ucciderli e poi farli sparire nel Po.

M. si presenta verso le 4 della notte tra lunedì e martedì con due sacche: in una c’è l’ascia, nell’altra il resto: i guanti per non lasciare impronte, i sacchetti e lo scotch usati per avvolgere le teste delle due vittime in modo che non perdano sangue e così Riccardo non vede i loro volti martoriati, due corde per legarle.

Quando M. è all’opera, Riccardo aspetta nella dependance. Poi dopo un po’ lo raggiunge: il piano prevede di portarli via dalla casa, gettare i corpi in un canale trasportandoli con la Fiat 500 della mamma. Ma qualcosa non va come si aspettavano, forse i corpi sono troppo pesanti, forse subentra la paura di essere scoperti. Il corpo della madre viene trascinato fino alla cucina, quello di Salvatore Vincelli e lui in garage, ma lì si fermano. Pensano allora di inscenare una rapina andata male.

Scappano da quella casa, alle 6 del mattino vanno a casa di M. in scooter, ufficialmente perché lui si è sentito male, e lì trascorrono la notte, svegliandosi alle 10,30 dopo aver marinato la scuola. Giocano insieme alla Playstation, pranzano, sembra tutto normale. Riccardo ritorna nella villetta alle 13,30 e da lì lancia l’allarme: qualcuno ha ucciso i suoi genitori. M. si reca a casa del suo amico con suo padre che lo invita a raccontare ai carabinieri tutto quel che sa e che potrebbe essere utile alle indagini.

Per lunghe ore i due raccontano la stessa versione agli inquirenti, Riccardo afferma di aver visto un’auto sospetta aggirarsi nei pressi della casa i giorni precedenti e che un mazzo di chiavi è sparito, ma non tornano i conti, le versioni dei due ragazzi sono simili ma differiscono per alcuni dettagli fondamentali. E poi ci sono le impronte, il cane di casa che non ha mai abbaiato, nessun segno di effrazione, nessun oggetto di valore sparito. A notte fonda i carabinieri vanno a prendere M. a casa sua, sequestrano anche un portafogli ricolmo di soldi e le scarpe, le numero 41. Alla fine crollano entrambi. Riccardo rimane impassibile, ammette l’accordo economico. M. lascia sgorgare qualche lacrima ed è lui a dire dove hanno buttato l’ascia – in un campo sportivo – e il sacco con i vestiti insanguinati, vicino a un canale. Quando esce dalla caserma c’è il padre ad aspettarlo: “Perdonami papà”, l’uomo capisce in quale baratro si è infilato il figlio e gli rifila uno schiaffo.

Ora i due giovani sono entrambi nel carcere di Bologna, l’accusa è di omicidio premeditato aggravato da futili motivi.

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