Spettacoli
18 Dicembre 2016
Il teatro Abbado chiude il 2016 con “Una giornata particolare”: omaggio al maestro Scola

In scena l’incontro di due solitudini

di Redazione | 3 min

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Giulio Scarpati e Valeria Solarino (foto Marco Caselli Nirmal)

Giulio Scarpati e Valeria Solarino (foto Marco Caselli Nirmal)

di Federica Pezzoli

“Finisce sempre che ci adeguiamo noi alla mentalità degli altri, anche se è sbagliata!” Ecco la cosa più grave: nascondersi e cercare di sembrare diversi da quello che si è. Forse è per aver acquisito questa consapevolezza che per Antonietta e Gabriele il 6 maggio 1938 diventa “Una giornata particolare”: la grande pellicola del maestro Ettore Scola con la coppia Loren-Mastroianni che la Compagnia degli Ipocriti ha deciso di portare a teatro. Nel ruolo che fu di Mastroianni Giulio Scarpati, mentre al posto della Loren c’è Valeria Solarino, la regia è di Nora Venturini e l’adattamento di Gigliola Fantoni, la moglie del grande regista e sceneggiatore scomparso a gennaio. L’allestimento ha chiuso in grande stile il 2016 del teatro comunale Claudio Abbado di Ferrara, ultima replica domenica 18 dicembre.

Solarino e Scarpati hanno una grande responsabilità nei ruoli di Loren e Mastroianni, ma entrambi superano la prova, dimostrandosi capaci di costruire un proprio personaggio in autonomia. L’interpretazione di Giulio Scarpati mette in risalto il profondo disagio di chi è costretto a sentirsi diverso, anche quei baffetti così mascolini non sono altro che una maschera dietro la quale nascondersi, mentre i repentini passaggi da uno stato di euforia alla malinconia sono forse una risposta al senso di inadeguatezza della realtà. L’Antonietta di Valeria Solarino è una donna sola, che finge di essere una moglie fascista e felice, mentre si sente umiliata perché ignorante, il marito con lei “non parla, ordina”, di giorno come di notte, tutto di lei esprime insicurezza, persino la postura, sempre china, con lo sguardo basso.

In quel 6 maggio 1938 tutta Roma, compreso il marito e i sei figli di Antonietta, si prepara alla grande parata per accogliere Hitler venuto a far visita al Duce. Antonietta rimane sola con Rosamunda, il suo pappagallino, che scappa dalla gabbia e va a posarsi sul davanzale di Gabriele, ex radiocronista dell’Eiar, epurato perché omosessuale, come si scoprirà poi in un tragico, ma liberatorio, sfogo sul terrazzo. È l’inizio di un dialogo e poi di un rapporto che si fa via via più intimo, fino appunto a far emergere il dolore e l’inevitabile destino di Gabriele, ma anche l’insoddisfazione di Antonietta. È l’incontro di due solitudini, di due esistenze incomprese, che finalmente trovano qualcuno cui confessare l’inconfessabile.

Intelligente la scelta di ricostruire i due appartamenti uno sopra l’altro e sottolineare con la luce e il buio il momento narrativo, mentre nella parte finale diventano i due lati dello stesso livello del palcoscenico: due mondi apparentemente lontani si sono avvicinati e se prima conducevano due esistenze, entrambi soli, ora Antonietta e Gabriele si conoscono e sono in qualche modo connessi.

Ma la Storia non fa sconti e irrompe con brutalità. E così, mentre Gabriele tenta di insegnare la rumba ad Antonietta, dalla finestra entrano le canzoni del regime: meno ballabili, ma di sicuro ‘patriottiche’. Gabriele se ne andrà quella sera stessa, condannato al confino, ad Antonietta, invece, non rimarrà che la speranza di vederlo di nuovo dal davanzale della finestra, mentre suo marito le ordina di andare in camera da letto per ‘festeggiare’ questa giornata particolare.

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