Goro
27 Ottobre 2016
Rimosso dalla chiesa un cartello shock: "Perché non ve ne andate nel vostro califfato?"

Ancora Gorino. Il parroco: “I migranti a casa tua”

di Redazione | 3 min

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Prima ha provato a fuggire dai carabinieri in auto poi, dopo essere uscito di strada, a piedi. È quanto accaduto nel tardo pomeriggio di ieri, mercoledì 17 aprile, quando una pattuglia dei militari di Goro ha notato una Volkswagen Golf guidata da un uomo che stava girando ad alta velocità per le vie del paese

(foto tratta dal sito Fanpage.it)

(foto tratta dal sito Fanpage.it)

Gorino. “Visto che noi siamo, per voi, infedeli: ma perché non ve ne andate nel vostro califfato di Iraq con il santo Califfo El Bagdadi, il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro che non sono sunniti?”

E’ una parte del testo del cartello esposto nella chiesa di Gorino. Il piccolo manifesto, affisso sia nella bacheca esterna sia su una parete all’interno della parrocchia, viene considerato da molti un messaggio shock. Non solo perché si trova in un luogo di accoglienza, come dovrebbe essere una chiesa, ma perché era in bella mostra proprio a Gorino, già al centro della polemica nazionale per le barricate anti-migranti.

Il cartello è stato rimosso ieri sera dalle forze dell’ordine “perché rischiava di essere strumentalizzato e non era opportuno in questo momento delicato” avverte il sindaco di Goro Diego Viviani che ha scoperto della presenza del cartello solo ieri. Ma sembra che la locandina fosse affissa da mesi, molto prima della protesta dei gorinanti per l’arrivo di 12 donne richiedenti asilo.

scrittaSopra la scritta campeggia un simbolo arabo che, come spiega una seconda didascalia, “rappresenta la ‘N’ araba e significa ‘Nazzareno’, termine con cui il Corano indica i seguaci di Gesù di Nazareth. Questo segno è stato posto sulle case dei cristiani del califfato di Iraq, i quali sono stati costretti ad andarsene di casa, sono uccisi, costretti a cambiar fede, le donne rese schiave vendute e stuprate e violentate da quelli assassini. Noi siamo ‘orgogliosamente’ dei ‘Nassarah’, quindi orgogliosamente cristiani e suoi seguaci, il nostro libro sacro è la Bibbia, e ad essa facciamo riferimento per la nostra vita e fede. Ai mussulmani sunniti: ma perché avete tanta sete di far morire chi non vuol morire come voi? E qui da noi vivete in libertà, ma noi non così da voi, perché?”.

Il significato pare chiaro: in un paese di religione cattolica, chi viene da fuori deve adeguarsi a questo credo e non pretendere di esercitare il proprio. Altrimenti se ne torna nel suo califfato.

Parole durissime contro i musulmani per cui abbiamo provato a chiedere la posizione della stessa curia. Ma il telefono di don Massimo Manservigi, vicario del vescovo, ha squillato a vuoto.

Abbiamo provato a parlare anche con il diretto interessato, don Paolo Paccagnella che da oltre 25 guida la parrocchia della piccola frazione, ma ha il cellulare spento e il fisso staccato. Una intervista telefonica, però, l’ha rilasciata in precedenza a Fanpage.it, pubblicata sul sito ieri pomeriggio, 26 ottobre, attorno alle 17.30.

Alla domanda del giornalista SachaBiazzo se non fosse un messaggio d’odio, il don risponde perentorio: “Io non devo dare messaggi, devo manifestare me stesso. Se papa Francesco sarebbe contento di questo? Lui risponde di se stesso, come lei e come io. Sono io che devo rispondere davanti a Dio”.

E della questione dei profughi che ne pensa? “E’ il modo di gestire i profughi questo qui? I profughi hanno una loro dignità e noi dobbiamo rispettarli nella loro dignità e invece viene infranta, logorata da voi che siete perbenisti. Non sono contento degli atteggiamenti dei miei concittadini ma non condanno nessuno. Non sono chiamato a condannare, sono chiamato a curare, a correggere. Dovete farla voi una manifestazione di odio, non avete capito che la colpa è vostra”.

Ma il giornalista incalza: lei sarebbe pronto ad accogliere queste donne nella sua chiesa? Cinque secondi di silenzio. “Nella mia chiesa? – replica incredulo Paccagnella -. Come sarebbe a dire nella mia chiesa? E la sua casa? Io sono un cittadino italiano, deve accoglierli lei a casa sua, prima di tutto”.

Parole che pesano come un macigno. Ma alla fine c’è un lieve cedimento. Alla domanda “se queste donne venissero a bussare alla sua chiesa, lei che cosa farebbe?” il don fa passare altri dieci secondi di silenzio per riflettere poi cede: “Farei quello che farebbe ogni persona, quello che farebbe lei lo farei anche io”.

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