Politica
16 Luglio 2016
Riflessione di Lorenzo Mazzoni sul colpo di stato contro Erdogan

La tragedia, e la speranza, della Turchia

di Marco Zavagli | 4 min

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CncWnaRWgAAApyGNel giugno 2013 era in mezzo agli scontri di Gezi Park, quando centinaia di persone si accamparono nel parco di Istanbul per impedire alle ruspe di abbattere 600 alberi per la costruzione di un centro commerciale e di una nuova moschea. Ora segue attraverso i social l’evolversi del colpo di stato contro Erdogan.

Ma lo fa da Milano, dove ora vive, non potendo più rientrare in Turchia, essendo stato dichiarato “persona non gradita”. Lo scrittore ferrarese Lorenzo Mazzoni analizza quello che sta succedendo sotto il Bosforo attraverso la lente personale di chi in quel paese ci ha vissuto e lavorato. Un paese che conosce bene, al punto che le notizie che rimbalzano dalle tv di tutto il mondo non lo sorprendono affatto.

Dalla sua prima esperienza in Turchia avevi percepito già segnali di quello che succede oggi?

Non c’erano germogli di questo tipo, perché durante le grandi manifestazioni post Gezi Park l’esercito, salvo qualche sporadico caso dovuto all’iniziativa personale, è stato a guardare. Erdogan negli anni erano riuscito parzialmente a ripulirlo delle figure più ostiche per il suo governo. Quello che si percepiva, semmai, era che a seguito della ribellione pacifica di milioni di turchi il suo governo sarebbe diventato più repressivo, cosa che è effettivamente successa.

Le prossime ore saranno decisive per decifrare la situazione politica che andrà a crearsi. Vede con ottimismo la possibile uscita di scena di Erdogan, che tra l’altro ha invitato il popolo a scendere il piazza contro la parte di esercito autore del golpe?

Non confido mai nell’esercito. È vero però che nella storia passata i golpe che ci sono stati hanno riportato l’ordine, almeno nelle intenzioni dei militari. Oggi si dice che dietro a questo colpo di stato ci sia Fethullah Gülen, che sostiene la necessità della “coesistenza pacifica” e del dialogo tra le civiltà su scala internazionale e auspica una rinascita del moderno mondo musulmano, in cui la Turchia svolga il ruolo di avanguardia. In molti paesi sono state aperte scuole ispirate al suo pensiero, destinate a promuovere una versione moderata dell’Islam. Ha promosso anche il dialogo interreligioso, incontrando leader religiosi ebrei ed il papa. La religione c’è sempre, non so se rallegrarmene.

Che pericolo intravede?

Erdogan nel suo intervento televisivo via cellulare ha incitato la gente a scendere in piazza; per me è una dichiarazione da guerra civile. Ora, secondo quanto mi riferisce un contatto diretto che ho in Turchia, la gente sta effettivamente scendendo per cercare benzina o supermercati aperti, e non per tifare Erdogan. Ma la situazione potrebbe esplodere da un momento all’altro. Il pericolo è il caos, un tutti contro tutti, che è sempre stato il disegno di Erdogan: far credere che senza di lui e l’Akp (il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, ndr) la Turchia sarebbe caduta nella confusione. Si sono fatti paladini di un ordine costituito fatto più di promesse e di “regali” al regime. Un esempio? Dove abitavo io regalavano il carbone alle famiglie povere per avere voti.

Quali potranno essere, in caso prevalgano i colonnelli, i rapporti futuri con l’Europa, il fronte della lotta al terrorismo e le questioni di democrazia interna (in primis la questione curda)?

I rapporti con l’Europa sono pessimi ed ambigui al di là della situazione odierna. Bisogna tenere presente che nella sola Istanbul ci sono un milione e mezzo di profughi scappati dalla Siria. La questione immigrazione è complessa, molto di più di quella che siamo abituati a vedere qui. È una situazione al limite del sostenibile, lo sarebbe per qualsiasi governo. In più le modalità dell’Akp sono imbarazzanti, prende soldi dall’estero e fa il doppio gioco con tutti. Sono panzane quelle che lo vogliono combattere contro l’Isis, si sa che l’obiettivo rimangono i curdi, accusati ogni volta dei peggiori crimini. E c’è una volontà di far credere che vada tutto bene. 48 ore dopo l’attentato all’aeroporto ero lì (in zona transiti, non potendo entrare in territorio turco) ed era tutto falsatamente normale e funzionale.

Nei primi comunicati ufficiali gli insorti sembrano ispirarsi, negli slogan, ad Ataturk. Alcuni lo traducono come una volontà di salvaguardare la laicità dello stato ed evitare derive fondamentaliste.

Ataturk è da sempre il mito dei militari, e non solo, in Turchia. La Turchia kemalista è vista da molti come un modello da seguire, che Erdogan ha umiliato e stravolto. Dipende molto chi c’è davvero dietro a questo golpe e se riuscirà nel suo intento. Io diffido da sempre degli uomini di religione, di tutti gli uomini di religione, e Fethullah Gülen lo è. Moderato, aperto alle altre fedi, ma non è un laico. Se davvero c’è lui dietro sembra molto un patto con i militari, ma è ancora presto per dirlo. Per me l’unica soluzione reale della Turchia era quello straordinario movimento nato a Gezi Park che prendeva dentro tutte le anime della società civile. Purtroppo Erdogan lo ha dilaniato. Ma c’è ancora speranza.

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