Lettere al Direttore
28 Maggio 2016

Cosa ci lascia Pannella

di Redazione | 2 min

La scomparsa di Marco Pannella ha suscitato un’esplosione di commozione in quelle che amava definire “persone comuni”. A me ha insegnato tantissimo e sono orgoglioso di essere stato, sia pure in quota microscopica, parte della storia radicale di Pannella; presto organizzerò un suo pubblico ricordo a Ferrara.
La sua morte ha generato una partecipazione popolare straordinaria perché tanti italiani hanno percepito di avere perso un amico. I tantissimi la cui vita ha incrociato quella di Pannella sapevano che c’era e si sentivano rassicurati dal fatto che c’era, la sua assenza li ha disorientati e si sono ritrovati smarriti e commossi, un po’ orfani. Lo capisco e sono in sintonia con questa grande parte di “italiani comuni”.
Ora per la storia radicale si apre una fase complessa e difficile, inevitabilmente anche diversa, ma la diffusa pochezza di grande parte delle politica nazionale ha davvero bisogno del rifiorire della storia radicale. Ad esempio a partire da alcuni insegnamenti di Pannella: la politica può, anzi deve essere sempre nobile e alta, e deve creare (essere) cultura e sentire comune, non essere guidata da quello che c’è, dai sondaggi dell’oggi, dai vantaggi di un giorno o di una settimana, o peggio essere guidata dalla paura o dal rancore, così alimentandoli; deve essere guidata dal rispetto delle istituzioni e delle opinioni di quanti la pensano diversamente. Ad esempio a partire da figure come Emma Bonino, Marco Cappato e Riccardo Magi.
Una frase che Pannella ci ripeteva spesso, riferendosi a persone culturalmente e politicamente lontane: ci sono troppe cose straordinarie che potremmo fare assieme piuttosto che combatterci o demonizzarci. Penso a quando partecipò all’assise nazionale dei cacciatori, o ai Congressi nazionali dell’MSI quando nessuno lo faceva, o a quando cercava di parlare con i brigatisti rossi chiamandoli “compagni assassini”. Il dialogo prima di ogni altra cosa. Una forma mentis non tanto dissimile ma, di più, antitetica rispetto a quella praticata dagli esponenti dell’M5S. Politica alta e nobile come contrario dell’antipolitica. Noi non abbiamo l’istituto dell’espulsione ma, con regole certe e chiare decise a maggioranza dagli iscritti, di volta in volta gli iscritti – che si incontrano per Statuto a cadenze fisse – decidono a maggioranza senza censurare o demonizzare alcuno; crediamo nel diritto, nella regola e nelle istituzioni, non nella “ragion di partito”; nel dialogo, non nel rifiuto del “diverso”, scambiato per perverso.

Mario Zamorani
militante di storia radicale

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