Economia e Lavoro
23 Febbraio 2016
L'associazione di categoria contro la classifica del 'Venerdì di Repubblica'. "Sul prezzo incidono molti fattori"

Il caffè più caro è a Ferrara, ma l’Ascom non ci sta

di Redazione | 3 min

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sab 2Una recente indagine del “Venerdì di Repubblica” ha assegnato a Ferrara il primato del caffè più caro d’Italia, ma l’Ascom non ci sta e replica: “Il prezzo è basso”.

In otto anni, come riferisce l’Ascom Confcommercio di Ferrara, il prezzo della tazzina di caffè nei bar di Ferrara è aumentato dell’8,4% pari ad 8 centesimi di euro: “Solo in dieci province, tra quelle che rientrano nel piano nazionale di rilevazione dei prezzi della tazzina, l’incremento è stato più basso. Il prezzo della tazzina dipende da fattori molto diversi da quelli a cui l’opinione pubblica spesso si riferisce, ovvero al prezzo della miscela”.

“Il prezzo dipende dalle caratteristiche del bar (location, livello di servizio, ambiente, etc) – ricorda il direttore generale di Ascom Confcommercio Davide Urban – e dalle abitudini dei consumatori e, dunque, da quanto la tazzina contribuisce a generare i ricavi del bar”. Senza contare un altro elemento che è quello del costo del lavoro: “Più questo contributo è alto, più sulla tazzina gravano i costi generali dell’esercizio a cominciare da quello del lavoro – aggiunge il presidente provinciale della Fipe Matteo Musacci – Un bar è aperto in media 13 ore. Anche il più piccolo bar per stare aperto ha bisogno di una quantità di lavoro pari a 20 ore giornaliere per un costo di 360 euro. La tazzina rappresenta in media un terzo dei ricavi e questo significa che su di essa, se si adottasse una politica dei costi e dei prezzi di tipo lineare, deve essere contabilizzato un terzo dei costi, a cominciare dal lavoro. Il risultato è che, sempre con riferimento a quel piccolo bar, sulla tazzina il costo del lavoro vale da solo 0,66 euro”.

“E poi crediamo sia da sottolineare – continua la nota Ascom – che la pressione fiscale sia a livello locale che nazionale non ha certo lasciato respirare in nessun modo i titolari delle attività commerciali e dei pubblici esercizi. Al contrario secondo un recentissimo studio della Confcommercio (febbraio 2016) la pressione fiscale nazionale è schizzata (dal 1995 al 2015) ad un + 72%. Nello stesso lasso di tempo i tributi richiesti degli enti locali italiani sono letteralmente decollati, in media, al + 248 %. E solo per fare un esempio a Ferrara la tassa sui rifiuti per un ristorante (di 180 mq) è salita del 6% dal 2014 ad oggi (indagine Sole 24 Ore). In definitiva la valutazione dei costi è certamente più complessa e variegata e non si presta ad una lettura semplicistica. Ricordiamo che nel passaggio da Lira ad Euro (2001/2002) il costo del caffè era di 1700 lire e passò a 0,88/0,90 e oggi la forbice varia da 1 euro a 1,10”.

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