Lettere al Direttore
16 Gennaio 2016

La lezione di Bowie

di Redazione | 4 min

Nel mosaico del mondo, nel nostro immaginario personale, a volte ti accorgi di quanto una figura per te contava solo quando se ne va, lascia questo pianeta. Resto stupita dal buco che possono lasciare persone che non avevi mai conosciuto direttamente, ma che sapevi che “c’erano”, e che “c’erano sempre”. Questo è quello che ho vissuto, per esempio, con Lady D e che sto vivendo con David Bowie.

Solo di fronte alla sua dipartita comprendo quanto lui contasse nel quadro della mia vita, quanto fosse scontato che “lui fosse sempre presente”, da quando ero bambina. Il problema è che lui era il prototipo. Il prototipo un po’ di tutto: della rock star, dell’artista istrione, del maschile raffinato, dell’androgino, del trasformismo, del ribelle, prototipo della bellezza e perfino del sorriso.

Penso in diversi momenti del giorno a quante persone staranno ascoltando un suo brano ora,

piangendo per lui, pregando per lui, a quante persone lo stanno pensando in contemporanea da tutto il pianeta (“now everybody knows me”… l’avevo sentita per radio appena poche ore prima che lui ci lasciasse…). Questo fenomeno collettivo, anziché farmelo vivere come un vero lutto, in qualche modo adesso mi fa sentire David più vicino. Io e altri milioni di altre persone non avremmo mai avuto l’occasione di conoscerlo. Ora, lui è con tutti noi, è salito di un gradino. Sono certa che sente l’ondata di energia interstellare che creano milioni di anime che insieme si rivolgono a lui. Il buco che ha lasciato nel presente di questa nostra vita terrena viene in qualche modo ricompensato dalla sua ascensione a mito, dalla sua promozione ad angelo – quale credo già fosse nell’animo, una specie di bambino indaco tra noi… Quindi, anche se non resterà in quella dimensione intermedia per sempre, io credo che in questo momento ci senta e ci veda e avverta una luce indicibile provenire da qui, milioni di stelle per la sua stella, starman….

E allora, solo quando una figura di tale spessore se ne va nell’altra dimensione, ecco che ci risvegliamo tutti…. Ci chiediamo dove è stato e cos’ha fatto gli ultimi anni, i dettagli della sua vita privata e della sua casa, i suoi interessi… Ci ha persino lasciato un ultimo regalo, un vero atto eroico! E l’eroe artista allora diviene leggenda… Il perché sia proprio quando lo “perdiamo”, ossia quando questa anima si allontana dal nostro stato comune, potrebbe fare arrabbiare… ma in realtà ha un senso. Credo che sia perché la morte è il vero battesimo del fuoco dell’eroe: è la morte l’elemento che adesso lo distingue da noi, che siamo qui a parlare di lui. Lui l’ha vissuta e superata, noi no, siamo rimasti indietro, in basso, piccoli. Sotto l’angelo. Lontani dalla sua luce, dal suo palcoscenico stellare, dal suo viaggio.

Lontani dalle stelle. E’ la morte la soluzione di continuità, non in termini di tempo o di esistenza (sono convinta che si tratti solo di un passaggio), ma in termini di ESPERIENZA. Lui ha fatto anche questo. E lui è Lazzaro, è già di nuovo tra noi, attraverso questa sublimazione. Attraverso canzoni che non riesco a smettere di ascoltare, con la sua voce unica, attraverso video che non riesco a smettere di guardare, con i suoi occhi unici…. Non saprei come altro spiegare questa fascinazione e questo senso di perdita unito a un fortissimo senso di vicinanza. Lui adesso SA. E soprattutto, lui adesso è più vicino a ciascuno di noi di quanto abbia mai potuto esserlo qui.

Grazie eroe non per un giorno, ma per tutti i miei anni…. Grazie uomo delle stelle. Ci hai dato un’enorme lezione di vita, tu che volevi “muovere le cose” e hai scelto la musica e la spettacolarità per farlo. Ce l’hai fatta. Ci hai mostrato che a essere noi stessi a trecentosessanta gradi non c’è mai niente da perdere, ma che ci guadagniamo noi e ci guadagnano tutti gli altri. Essere diversi e speciali come valore incommensurabile, quasi come obbligo morale. Essere illimitati e tracimare fuori da ogni categoria per accecare il mondo con lei, la stella, l’Arte pura. Senza paura. Senza limiti. Grazie.

Sonia Serravalli

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