di Marcello Celeghini
Le elezioni sono lo strumento d’eccellenza della democrazia o sono solo uno dei tanti diversi momenti in cui si esprime la volontà popolare? Su questo tema si sono confrontati, nell’ambito del Festival di Internazionale, la responsabile ufficio stampa e media della rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Ewelina Jelenkowska-Lucà, il filosofo della scienza Telmo Plevani, lo scrittore belga David Van Reybrouck e una rappresentanza degli studenti dei licei Ariosto e Roiti. La conferenza, tenutasi in una Piazza Municipale gremita aveva un titolo provocatorio, “le elezioni non servono a niente”.
Spesso, in Italia e in Europa, si ha la percezione di vivere in una campagna elettorale permanente e il politico di turno ha sempre in mente di mantenere il consenso dell’opinione pubblica per poter poi essere rieletto, senza prendere scelte a volte impopolari ma necessarie e lungimiranti. L’espressione della democrazia, però, al giorno d’oggi diventa sempre più quotidiana grazie alle notizie in tempo reale dei nuovi media, della rete e dei social networks. La partecipazione democratica attiva, quindi, il cittadino ha la possibilità di svolgerla ogni giorno giudicando le scelte prese dai governanti, manifestando o scioperando a volte. Ma quindi cosa resta della fantomatica scelta nella cabina elettorale? “È giusto mettere in dubbio tutto, anche le elezioni- sottolinea Ewelina Jalenkowska-Lucà-. La democrazia è molto di più di semplici elezioni e si esprime nel giudizio quotidiano sulle scelte politiche e governative. Le elezioni sono importanti perché indicano chi ci dovrà rappresentare ma l’esercizio democratico costante deve far sentire il fiato sul collo ai politici su ogni singola scelta. L’UE dalle scorse elezioni europee ha designato il proprio presidente in modo che fosse espressione del partito europeo che aveva ottenuto più preferenze, quindi un passo avanti rispetto a prima. C’è poi uno strumento utilissimo che non viene utilizzato dai cittadini europei, ovvero una piattaforma su facebook in grado di dare la possibilità a tutti di poter esprimere un parere sulle leggi in discussione al Parlamento Europeo”.
Un politico che vince le elezioni, quindi, non sarebbe al sicuro fino a fine mandato, ma verrebbe valutato costantemente dai suoi cittadini. “Deve essere la democrazia a governare, non la politica- spiega David Van Reybrouck-. Un politico che diventa governante, dunque, deve confrontarsi quotidianamente con chi l’ha votato e, soprattutto con chi non l’ha fatto, deve sottoporsi ad un giudizio quotidiano”. C’è chi invece la pensa diversamente, come il filosofo Telmo Plevani che argomenta il proprio intervento mettendo in guardia dal rischio di governare sempre misurando il consenso popolare. “Siamo sicuri che vogliamo un governante che decida sempre in base al consenso popolare?- si chiede il filosofo della scienza-. Ci sono stati politici che a costo di andare contro al volere popolare e perdere consensi hanno preso decisioni forti e ragionate che si sono dimostrate lungimiranti in un secondo momento. Governare vuol dire anche prendersi delle responsabilità e avere ben chiaro cosa si deve fare, altrimenti se si ascolta sempre la voce del consenso si tira solo a campare e si vive in una campagna elettorale permanente”.