Cronaca
27 Settembre 2015
L'intervento di Diego Marani, scrittore ferrarese e creatore di linguaggi 'artificiali'

Perché in questa Europa è necessaria una lingua condivisa

di Redazione | 3 min

diegomaraniIn occasione della Giornata europea delle lingue, ospitiamo l’intervento di Diego Marani,  scrittore ferrarese e creatore di linguaggi ‘artificiali’ – come l’europanto, una miscela di tutte le lingue europee – che lavora come funzionario internazionale a Bruxelles presso la Commissione europea dove si occupa di cultura e promozione del multilinguismo.

Le parole della Ministro Giannini sulla necessità di una lingua condivisa per l’Europa rilanciano la tematica del multilinguismo che i governi costantemente scantonano ma che prima o poi cadrà loro addosso come sta accadendo oggi con quella del multiculturalismo.

Ancora di più questa ondata di migrazione renderà indispensabile per ogni cittadino europeo una competenza linguistica plurima, che non si limiti a una lingua internazionale come l’inglese, ma che si estenda ad altre lingue di vicinato, sia che si tratti di frontiera, di quartiere o di pianerottolo. Questa competenza linguistica non è un capriccio intellettuale per pochi snob ma è invece diventata una necessità. Se alle nostre frontiere stiamo assistendo alle scene desolanti di razzismo e xenofobia che tanto ci rivoltano è perché non esiste un demos europeo, un’opinione pubblica cui i leader politici possano rivolgersi e di cui siano diretta emanazione. Solo la capacità di comunicare, discutere e scambiare idee può suscitarla.

I critici del multiculturalismo sostengono che la molteplicità non dà appartenenza e si illudono di creare cittadinanza riciclando i vecchi stampi del patriottismo nazionalista. Bisognerà vedere quanta lealtà alla patria potrà ispirare una statua di Garibaldi a un bambino siriano. La via non è questa. L’appartenenza nasce dalla condivisione di un narrato comune che oggi è da riscrivere partendo dalla nuova demografia europea, non dalle frontiere di stati ottocenteschi. Il multiculturalismo che i governi di molti stati vedono come il fumo negli occhi è qui, con l’inevitabile corrispettivo del multilinguismo. Come non è mai esistita una lingua comune dell’umanità, così non esisterà mai una cultura comune.

E per fortuna. Quelle che noi chiamiamo culture nazionali sono tante belle favole che ci siamo raccontati quando vivevamo chiusi nel nostro piccolo mondo antico. La realtà è un’altra. La varietà, la mutevolezza, il divenire, questa è la natura del vivere umano. In ogni epoca c’è sempre un modo per stare al passo col proprio tempo e non è mai quello di fermarsi a rimpiangerne un altro. Oggi l’Europa cambia, imbarca una diversità massiccia che però cambierà assieme a lei. La gente che cerca riparo da noi ci vede come una terra promessa.

Cosa c’è di più bello che fargliela sentire tale? Invece di prenderli a bastonate, quanto orgoglio potremmo avere nella nostra capacità di accoglienza? Il patriottismo oggi non è quello dei finti cattolici che chiudono le canoniche agli immigrati, ma quello di Papa Francesco che ha avuto il coraggio di ricollocare la sua Chiesa nel respiro dell’universale. La patria è dove è il bene, dicevano gli antichi. Oggi l’Europa ha bisogno di essere patria, anche per se stessa, per non perdersi nell’ accanimento di essere un’accozzaglia di false patrie. Il primo strumento del patriottismo è capirsi. Imparare almeno un’altra lingua dovrebbe dunque essere un dove civico, un segno di rispetto e di cittadinanza. Dopotutto, in fondo l’unico modo di traghettare anche la nostra cultura nel nuovo multiculturalismo europeo. Chi smette di parlare spesso è perché non ha più nulla da dire.

Diego Marani

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