Economia e Lavoro
27 Aprile 2015
Il piano del Fondo interbancario di tutela dei depositi eviterà pesanti risarcimenti alle consorziate

Carife verrà salvata per… ‘salvare’ le altre banche

di Marco Zavagli | 3 min

OLYMPUS DIGITAL CAMERAAlla fine la Cassa di Risparmio di Ferrara verrà salvata per… salvare le altre banche. È questo il concetto dell’indiscrezione che vuole il Fondo interbancario di tutela dei depositi come futuro – e temporaneo – proprietario dell’istituto di credito ferrarese.

La notizia sembra essere l’unico vera e verosimile in un mare di previsioni fino ad oggi sempre sbagliate. A parte l’interesse, realistico ma irrealizzabile, della Banca popolare di Vicenza, da un anno ormai si rincorrevano presunti passi avanti di istituti di credito grandi e piccoli per chiudere il capitolo dell’amministrazione straordinaria della Carife. Ora invece sembra che Il Sole 24 Ore abbia colto nel segno, anticipando a meno di un mese dalla fine dell’interregno dei commissari, quale potrebbe essere la sorte di Corso Giovecca.

Secondo il quotidiano di Confindustria sarà il Fondo a sottoscrivere un’operazione da 300 milioni di euro per l’aumento di capitale che ne farà azionista unico dell’istituto. L’iniezione di liquidi permetterà alla banca di riprendere un cammino “ordinario”, dopo aver messo le pezze mancanti al bilancio (la colla sarà il patrimonio della Cassa). Dopo aver messo entrambi in piedi in Cassa di Risparmio, il Fondo cercherà motu proprio l’acquirente ritenuto idoneo. Un piccolo schiaffo a quanti fino ad oggi si sono dati da fare, purtroppo senza esito, per trovare il nome giusto per l’operazione salvataggio.

Ma cos’è il Fitd? L’ente, costituito nel 1987 nella forma di consorzio volontario, è un consorzio obbligatorio di diritto privato, riconosciuto dalla Banca d’Italia, il cui scopo è quello di garantire i depositanti delle banche consorziate. Inutile dire che tra le banche consorziate c’è anche Carife.

E qui sta il punto focale. Il Fondo funge da garanzia per i risparmiatori, offrendo una copertura fino a 100.000 euro per depositante. In un caso come quello dell’istituto di credito ferrarese, sottoposto ad amministrazione straordinaria in scadenza, il Fondo potrebbe essere chiamato da Bankitalia a risarcire gli investitori in caso di liquidazione. Ed essendo formato dalle banche consorziate, per proprietà transitiva sarebbero proprio queste ad addossarsi l’onere più che oneroso. Circa un miliardo e mezzo di euro.

Ecco allora che di fronte a questo spettro risarcitorio i 300 milioni deliberati mercoledì scorso, sempre secondo il “Sole”, dal Consiglio del fondo sono ben poca cosa.

Serve a ogni modo ancora il voto definitivo. E per averlo bisognerà attendere ancora un paio di settimane. Questo il tempo tecnico per la struttura presieduta dal direttore generale Giuseppe Boccuzzi.

Saranno sempre le banche consorziate a dividersi i costi dell’operazione pro quota. Il piano è stato messo sul tavolo, altra notizia che arriva dal “Sole”, dall’advisor Oliver Wyman, società di consulenza che pochi mesi fa aveva anche preparato il piano industriale della Banca popolare di Vicenza.

La strategia avrebbe anche l’appoggio, secondo il quotidiano finanziario, del Ministero dell’economia e delle finanze, giudicato in proposito “ottimista”. L’unica vera incognita, avverte il “Sole”, potrebbe essere la normativa antitrust comunitaria: “l’Italia non ha ancora recepito le direttive relative ai sistemi di garanzia dei depositi (DGSD) e al risanamento e alla risoluzione delle banche (BRRD), che cambieranno profondamente i meccanismi di gestione delle crisi bancarie in tutti i Paesi dell’Eurozona e vedranno rafforzato il ruolo del Fondo”.

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