Ancora un duro colpo alla memoria di Donato “Denis” Bergamini, il calciatore argentano del Cosenza, deceduto sulla statale 106 Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico nel 1989 dopo essersi lanciato, così racconta il primo processo, sotto un camion. Il procuratore capo Franco Giacomantonio e la pm Maria Grazia Anastasia della procura di Castrovillari hanno infatti chiesto l’archiviazione per i due indagati nell’inchiesta riaperta nel 2013 su pressione della famiglia e dell’avvocato Eugenio Gallerani.
Si tratta dell’ex fidanzata del calciatore, Isabella Internò, accusata di concorso in omicidio e del camionista, Raffaele Pisano, per favoreggiamento e false dichiarazioni.
La famiglia non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio, quella raccontata dal camionista e dalla fidanzata del calciatore e poi diventata a suo modo verità per la giustizia italiana. Quell’inchiesta non prese in considerazione (nessun incidente probatorio, nessuna testimonianza al processo) l’autopsia, eseguita dal ferrarese Francesco Maria Avato, oggi direttore della medicina legale di Ferrara, che portava a conclusioni che rendevano poco credibile la versione dei due indagati, quella di un tuffo verso l’autocarro e di un trascinamento del corpo per tanti metri.
Quella stessa autopsia, una foto scattata durante l’esame (e pubblicata recentemente dalla Gazzetta dello Sport) che evidenziava come il volto di Denis non avesse che un piccolo graffio, le stranezze delle versioni della Internò, i vestiti intonsi (e poi spariti) del calciatore, la falsa pista del corriere della droga e le recenti indagini del Ris di Messina che stabilirono che il 27enne fosse già morto quando sarebbe stato investito dall’autocarro, costituivano un bagaglio di prove sufficienti a far riaprire il caso alla procura, non per portarlo fino in fondo.
E così, se il giudice dovesse accogliere la richiesta di archiviazione, la famiglia di Denis rischia, dopo 25 anni di sofferte battaglie, di non conoscere mai la vera storia di quella tragica notte.