Lettere al Direttore
9 Novembre 2014
L'operazione motivata dall'attuale proprietà sulla base di ragioni economiche legate ad un bilancio in perdita

Casa Protetta di Serravalle: futuro incerto per 58 lavoratori

di Redazione | 3 min

casa di riposo serravalleSerravalle. A giorni la Casa Protetta “A Capatti” di Serravalle, di proprietà della congregazione religiosa – Casa Generalizia Piccole Suore della Sacra Famiglia, subirà una radicale ristrutturazione e riorganizzazione in termini gestionali del servizio di cura e di assistenza rivolto alla popolazione anziana del territorio.

“All’inizio del nuovo anno la struttura, che accoglie ad oggi più di cento ospiti, offrendo sia posti letto a libero mercato sia posti letto accreditati con il pubblico, sarà al centro di un’operazione di trasferimento dell’intera attività – fanno sapere Cristiano Zagatti della Fp Cgil di Ferrara e Luca Benfenati della Fisascat Cisl -, con cessione ad una società della titolarità del servizio e contestuale subappalto ad una cooperativa L’operazione è stata motivata dall’attuale proprietà sulla base di ragioni economiche legate ad un bilancio in perdita: perdita dichiarata ma impossibile da verificare, dato che il bilancio è stato negato alle organizzazioni sindacali che ne hanno formalmente richiesta copia (unica via per accedervi, dato che gli enti religiosi non hanno l’obbligo di depositarlo presso la Camera di Commercio)”.

Oltre a questo, i due sinacalisti lamentano il fatto che “la curiosa triangolazione ente religioso – società – cooperativa è resa ancora più anomala dal fatto che il presidente legale della società che subentrerà all’ente religioso, da diversi anni direttore della struttura per conto della Congregazione, è anche presidente legale della cooperativa a cui la società ha annunciato di voler cedere il servizio. Una sovrapposizione di ruoli e moltiplicazione di passaggi che ipoteca le garanzie occupazionali e contrattuali del personale coinvolto”.

“Per la prima volta nella storia delle relazioni sindacali di questo territorio – attaccano Zagatti e Benfenati – ci si trova di fronte all’assoluta indisponibilità dell’azienda ad arrivare ad un accordo sul mantenimento delle condizioni economiche acquisite dal personale in tanti anni di servizio: al personale infatti verrà applicato una contratto nazionale peggiorativo, che determinerà una perdita secca che va dai 100 ai 200 euro mensili, a seconda del livello, che diventano 1500-2000 su base annua. Ammesso che l’attuale orario di lavoro venga mantenuto, dato che l’azienda ha paventato una possibile rimodulazione dell’orario, che comporterebbe un’ulteriore danno retributivo e contributivo, ritenendo però di non essere tenuta ad informare i sindacati, e quindi le lavoratrici, su queste intenzioni. E’ del tutto evidente che un calo dell’orario di lavoro si tradurrebbe anche in un calo delle ore assistenziali erogate, con conseguenze negative dirette sul servizio”.

“E’ ammissibile – si chiedono i rappresentanti di Cgil e Cisl – che chi da vent’anni gestisce la struttura (e che quindi non può essere del tutto alieno ai suoi risultati economici…) decida di far pagare il presunto debito alle lavoratrici che da anni prestano la propria attività di cura agli anziani, abbattendo retribuzioni già basse (stiamo parlando di stipendi che oggi superano di poco i mille euro) e azzerando la loro carriera lavorativa? E’ questo il piano di risanamento progettato? E quale conseguenza avrà sulla qualità del servizio erogato? E ancora, e’ ammissibile che le lavoratrici e i lavoratori siano tenuti all’oscuro di quello che succederà al loro lavoro, e quindi alla loro vita, dal primo gennaio?”.

La preoccupazione e i dubbi sulla bontà di questa “riorganizzazione” “non dovrebbero appartenere soltanto alle organizzazioni sindacali, considerando che si sta parlando dell’ “azienda” più grande del territorio berrese, in termini di numero di personale impiegato, fonte primaria di sostentamento economico e occupazionale, ma anche e soprattutto di un servizio alla persona che dà una risposta insostituibile alla collettività locale”.

Zagatti e Benfenati attaccano quindi anche il sindaco di Berra Eric Zaghini, che “coinvolto dalle organizzazioni sindacali, si è limitato ad auspicare maggiore empatia fra le parti, come se si trattasse di una questione personale e non di un enorme ed inedito problema di merito che coinvolge il benessere economico e sociale del territorio e della sua gente. Ci aspettiamo che chi si candida a giocare un ruolo in Regione in nome dell’occupazione e del miglioramento delle politiche socio-sanitarie non rimanga alla finestra, o peggio strizzi l’occhio a questo tipo di imprenditoria, ma voglia esercitare un ruolo attivo nel pretendere chiarezza e trasparenza sulle sorti di un servizio che, ricordiamo, è di interesse generale e finanziato dal pubblico, e nell’agire un’azione istituzionale a tutela del lavoro e del welfare locale”.

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