Cronaca
4 Settembre 2014
Strage di Massenzatica, la perizia 'scagiona' gli indagati

Quel ponte non poteva salvare le quattro vite

di Marco Zavagli | 3 min

unnamed4Quel ponte, anche se in pessime condizioni, non poteva frenare la corsa fatale della Bmw. La perizia del tribunale scagiona i politici e i tecnici indagati dalla procura di Ferrara per omicidio colposo in merito alla strage di Massenzatica.

Nelle 35 pagine di perizia sul drammatico incidente del pomeriggio del 18 marzo, in cui persero la vita i giovani Matteo Carli, Stefano Bertaglia, Loredana Nicoleta Caruntu e Liliana Dragnescu, l’ingegner Alberto Vallini -. incaricato dal gip Piera Tassoni – esamina ogni componente della tragedia, dall’auto alla strada, dalla velocità alla manutenzione del ponte. Ponte oggetto di ripetute segnalazioni per la sua pericolosità e il degrado delle strutture già dal 2005. Nel giugno 2013, poi, la polizia municipale del Delta aveva segnalato alla Provincia l’ulteriore aggravamento delle condizioni dovuto all’allargamento delle crepe nei pilastri.

Proprio lo stato del manufatto è stato nei mesi scorsi al centro di un rimpallo di responsabilità tra Provincia e Comune di Mesola. I due enti, con i rispettivi rappresentanti, contestano la propria competenza in merito al tratto del Ponte Trapella e quindi all’obbligo della relativa messa in sicurezza. I documenti in mano alla procura vedono la delibera 36 del 2008 che ricorda come il tratto da Ponte Trapella al centro abitato di Massenzatica sia stato preso in carico dal Comune di Mesola con esplicita esclusione del Ponte Trapella, esclusione della quale però non c’è menzione sul Bollettino ufficiale della Regione né sul vernale di consegna della strada.

Indagati per quei fatti sono la presidente della Provincia Marcella Zappaterra, l’assessore alla sicurezza stradale Davide Nardini e l’ingegnere capo Mauro Monti; per il Comune di Mesola il sindaco Lorenzo Marchesini, il suo vice Dario Zucconelli e il dirigente del settore urbanistica Fabio Zanardi.

Ora la perizia, che verrà discussa nell’udienza fissata per il 9 ottobre, sembra rendere superfluo ogni chiarimento in merito alla proprietà del ponte.

Vallini spiega che la Bmw serie 3 condotta da Matteo Carli deviò improvvisamente a destra e, dopo aver abbattuto un tratto dell’estremità anteriore della ringhiera che costituisce il parapetto a valle del ponte Trapella, è precipitata nel canal Bianco capovolgendosi. Secondo i calcoli dell’esperto la vettura doveva marciare a una velocità non inferiore ai 75 km orari, “approssimata per difetto”.

Quanto alle cause, il perito scarta l’ipotesi di un malore del conducente (escluso al momento dall’autopsia) o di un’azione improvvisa sul conducente da parte di un passeggero (ci sarebbero stati segni di sovrasterzo sull’asfalto molto più marcati) o un tentativo maldestro di imboccare il ponte in velocità (l’intersezione era ben segnalata). Ritiene invece che sia possibile che un veicolo si sia immesso sulla carreggiata, provocando la deviazione del conducente per paura di uno scontro; ipotesi “congruente con la traiettoria” seguita dalla vettura prima dell’impatto.

La domanda focale è questa: se i parapetti fossero stati in buone condizioni e se ci fossero state barriere di sicurezza l’esito sarebbe stato diverso? I parapetti del ponte erano “con solare evidenza” in pessime condizioni e una parte di quello adiacente alla zona dell’incidente “era già deformato in misura significativa” in conseguenza di un incidente precedente.

Ma sulla base delle valutazioni peritali “rimane alquanto dubbia la possibilità che un guard rail conforme all’attuale normativa potesse contenere l’urto della vettura impedendole di precipitare nel canale”, scrive Vallini, che conclude ‘assolvendo’ da ogni responsabilità gli indagati: anche se il ponte fosse stato dotato di barriere di sicurezza ‘bordo ponte H2’ come prevede la normativa, “non sarebbe stato assicurato il contenimento del veicolo ed evitato il cedimento della barriera e la caduta nel Canal Bianco”.

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