di Silvia Franzoni
L’anno 2013 è stato, per la Chiesa Cattolica, momento di cruciale importanza storica: a febbraio le dimissioni di Ratzinger e a marzo le aspettative per la possibilità di risollevare la Chiesa da una crisi di credibilità sopraggiunte con l’elezione di Papa Francesco. È con queste premesse che Massimo Faggioli, docente di Storia del Cristianesimo all’University of St. Thomas – Minneapolis/St. Paul, rompe il silenzio con il libro ‘Papa Francesco e la Chiesa-mondo’: edito nell’ottobre 2013, l’opera è un “ibrido, una raccolta di saggi – come descrive lo stesso autore – che vuole fare storia del tempo presente”, ed è proprio l’interesse per il contemporaneo ad indagare “quei nodi altrimenti indagabili per pressione della cronaca”. Dall’anacronismo dell’opera si snoda un’ampia riflessione ad indagare, attraverso gli interventi del Biblista Piero Stefani e dell’autore stesso, la figura di Papa Bergoglio, centro focale dell’incontro organizzato questo pomeriggio dall’Istituto Gramsci e l’Istituto di Storia Contemporanea presso il Centro di Promozione Acquedotto.
Così attento “a tematiche – introduce Roberto Cassoli – rivolte e al mondo e alla Chiesa”, Papa Francesco rappresenta una inattesa novità che necessita di essere interpretata, così come analizzato deve essere “il suo messaggio pastorale – interviene Piero Stefani – che mira a rilanciare la Chiesa come soggetto evangelico, pronto a fronteggiare i cambiamenti”. L’innovazione parte dal nome, Francesco, una scelta di rottura che si àncora alla figura del Santo d’Assisi e alla sua scelta di “povertà interna alla Chiesa”: un mantenimento del rapporto con le istituzioni che svela le “contraddizioni oggettive del tener insieme Vangelo e Papato”, una sfida interna alla Chiesa-mondo che è “erede politica – si legge nel libro di Faggioli – dell’Impero Romano ed erede spirituale di Gesù di Nazareth”. La possibilità di dibattito di cui Papa Francesco si è fatto fautore non sacrifica mai la legittimazione del Papato e la Chiesa, dunque, sembra semplicemente comportarsi “come onnivoro – continua Stefani – incamerando le periferie senza compromettere la propria struttura”: è alla conservazione di questo equilibrio complesso che il Vescovo di Roma è chiamato, mentre ci si interroga sul “rivelarsi della Chiesa come prodotto storico o di divina origine”.
Nelle parole di Papa Bergoglio, il quale sottolinea che la presente “non è un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca”, Faggioli ritrova la “fede nella Storia, nella sua rilevanza per il Cristianesimo”: la questione Chiesa-mondo è ribaltata, “se il mondo ha rinunciato a Dio, sia però chiaro che Dio non ha rinunciato al mondo”, ma l’assenza di un piano programmatico esplicitato è segno di “un disinteressamento al controllo del cambiamento”. La ricerca del Vescovo di Roma è dunque quella di una riforma nell’istituzione, una “sfida finale che vede il Vangelo preso a misura dell’essere Chiesa nonostante la complessità del renderlo compatibile con il Papato”: ma per Faggioli è il cristianesimo stesso ad essere costellato da paradossi, e il “cattolico incapace di viverne le contraddizioni non ne capisce in toto la grandezza”.
La novità del Papa argentino, la sua carriera fuori dall’ordinario, la sua dimensione umana diametralmente opposta a quella di Benedetto XVI troveranno però, tra ottobre 2014 e ottobre 2015, un nodo decisivo durante i Sinodi dei Vescovi, quelle occasioni collegiali che, appare chiaro dalla politica di Bergoglio, non sono più subordinate alla Curia . Sarà durante le assemblee dei Vescovi che, conclude Faggioli, “sarà chiarito se le riforme di Papa Francesco avranno seguito o risulteranno isolate”: una strategia operativa “quasi populista che mira – questa la lettura del Sindaco Tagliani, presente all’incontro – a creare alleanze in previsione di uno scisma”.