Recensioni
4 Luglio 2014
L'artista del Cinquencento ritorna nella sua Verona

L’illusione della realtà di Paolo Veronese

di Redazione | 4 min

VERONESE Paolo - Convito in Casa LEVI - Verona dal 5 luglio 2014Un grande ritorno a casa, l’imponente mostra su Paolo Veronese, genio artistico assoluto e d’avanguardia del Cinquecento Italiano, che sta per avere inizio proprio nella sua città natale, la bella Verona.

Presentata in prima battuta alla National Gallery di Londra, la retrospettiva sarà a Palazzo della Gran Guardia dal 5 luglio, étoile il ‘telero-capolavoro’ di 80 metri quadri, la “Cena a casa di Levi” lavoro corale, di ‘bottega’, appena ed appositamente restaurato.
L’opera, che appartiene alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, era collocata presso Palazzo Barbieri, sede del municipio di Verona, nella cosiddetta Sala Arazzi ed è frutto dei cosiddetti “Haeredes Pauli Veronensis”, sorta di consorzio artistico dei figli e del fratello di Paolo Caliari detto il Veronese che proseguirono l’attività del Maestro dopo la sua scomparsa, mettendo a frutto il ricco patrimonio di disegni, studi, tecniche e competenze, materia usuale in ogni atelier di grandi artisti rinascimentali.

Pur trattandosi di un’opera di bottega, come detto, è, in ogni caso, estremamente rappresentativa dello stile e dell’universo artistico dell’Artista, in primis per le dimensioni che la collocano tra le grandi cene a tema biblico che lo resero celebre, poi per la struttura architettonica complessa e monumentale risolta nell’àmbito del dipinto.

«Paolo Veronese – L’illusione della realtà» è promossa ed organizzata dal Comune di Verona, Direzione Musei d’Arte e Monumenti, insieme con l’Università degli Studi di Verona e la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etno-antropologici per le province di Verona, Rovigo e Vicenza, in associazione con la National Gallery di Londra, mentre il catalogo è di Electa; è curata da Paola Marini, direttrice del Museo di Castelvecchio, e Bernard Aikema, dell’Università di Verona.
L’esposizione si colloca a distanza di ventisei anni dalla rassegna Veronese e Verona tenutasi nel 1988 al Museo di Castelvecchio: è la più completa realizzata negli ultimi decenni e si ricollega idealmente a quella memorabile curata da Rodolfo Pallucchini a Venezia nel 1939.

Riunite per l’occasione circa 100 opere (tra dipinti e disegni) provenienti dai maggiori musei del mondo e dalle chiese che gelosamente custodiscono le meravigliose pale d’altare che furono per l’artista il pretesto per raccontare, in tutto il proprio splendore, le sontuose feste dell’aristocrazia veneziana del tempo.
In prima battuta alla National Gallery di Londra (dallo scorso marzo), «Paolo Veronese – L’illusione della realtà» è stata promossa e organizzata dal comune di Verona in collaborazione con l’ateneo cittadino e la Soprintendenza per i Beni Storici e in associazione con il prestigioso museo londinese. L’iniziativa è inoltre integrata da diversi itinerari pensati per guidare il visitatore e il turista alla scoperta delle opere di Paolo Veronese conservate nelle chiese e nei musei e degli affreschi realizzati dall’artista a Verona, Vicenza, Padova, Maser, Castelfranco Veneto e Venezia.

Scopo della rassegna è illustrare la grandezza del maestro cinquecentesco che fu antesignano del Manierismo in Laguna, capace di celebrare con la sua pittura innovativa, fatta di luce, colore, ardite prospettive, il vivere civile di Venezia, l’apertura intellettuale della città, quando ancora non avevano preso piede i rigidi dettami della Controriforma. Per questo, anche in epoche successive, influenzò generazioni di artisti, tra cui Van Dyck, Rubens, Watteau, Tiepolo, Delacroix.

Figlio di uno scalpellino, Paolo Caliari nacque nel 1528 a Verona, dove ebbe luogo la sua prima formazione artistica nella bottega di Antonio Badile. Ma è il suo mentore, Michele Sanmicheli, a introdurlo alle suggestioni della «maniera nuova», sia quella di matrice tosco-romana, rappresentata soprattutto da Giulio Romano, allievo di Raffaello, a lungo attivo nella vicina Mantova, sia il suo versante emiliano, riconducibile all’opera del Correggio e del Parmigianino. Una matrice che caratterizzerà la sua cifra anche durante tutto il periodo veneziano, nonostante gli innegabili influssi di Tiziano, a cui fu legato da vicendevole ammirazione, da cui si affrancò, poi, anche se, una volta operativo a Venezia, fu proprio il Vecellio a sostenerlo presso le autorità cittadine, a introdurlo nella cerchia di Palladio che stava rivoluzionando l’architettura del tempo.

Molte ed uniche le collaborazioni tra Palladio e Veronese, una per tutte; la Villa Barbaro a Maser di Treviso, capo d’opera dell’Architetto, affrescata dal Pittore del Cromatismo innovativo, poi tutto proprio, originale, dalla cifra artistica ‘in toto’ inconfondibile.

Ma la modernità di Paolo Veronese ha superato ogni confine temporale, per arrivare ai giorni nostri, alla Settima Arte, il Cinema ed oltre: il britannico Peter Greenaway, regista, pittore, archivista, e molto più ancora, l’ultimo, forse, degli Eclettici del Cinquecento, che da molti anni afferma che il cinema è morto, ha ‘usato’, alcuni anni fa, uno dei Conviti in Casa Levi del Veronese, quello delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, smembrandolo, ricostruendolo, dandogli altre luci, per poi, enfin, ricondursi al capolavoro primario: un ‘Classico’ rimarrà per sempre, un Classico – parola di T.S. Eliot.

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