Politica
29 Maggio 2014
Risposta alla nota della Provincia su condanna della CdC

Per noi il danno erariale è di pubblico interesse

di Marco Zavagli | 3 min

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admin-ajax.phpIn merito alla sentenza della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna, la Provincia rende noto che non ha nulla da nascondere e pertanto non chiamerà in causa chi ha pubblicato la notizia in difformità da quanto previsto dal dispositivo dei giudici: “ai sensi dell’art. 52 del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (legge sulla Privacy), in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei contenuti e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa”.

È l’inizio della nota inoltrata alle redazioni dei giornali dall’ufficio stampa della Provincia di Ferrara in merito alla condanna in primo grado inflitta alla presidente Marcella Zappaterra e agli assessori e ai tecnici che firmarono la delibera di assunzione del capo di gabinetto.

L’inizio, cioè la prima cosa che chi rappresenta la Provincia si sente in dovere di dire. Tralasciamo il fatto che si tratta di responsabilità personali e l’ente del Castello è parte lesa (a meno che non lo si condideri una cosa privata), e quindi risulta quantomeno buffo che la Provincia ricorra contro un eventuale danno subito, ricorrendo contro il suo diritto al risarcimento.

Nell’articolo sopra diamo conto delle precisazioni degli amministratori condannati dalla giustizia contabili, riportando anche quello di cui non si parla, il giudizio della Corte sul comportamento dei convenuti. Che quanto all’elemento soggettivo, la volontà, parla di “colpa grave”: anche a un normale cittadino “balza all’evidenza come incongrua e irragionevole l’attribuzione a un capo di gabinetto di categoria C1 di un emolumento unico che esorbiti quello di un dirigente”.

Né valgono ad attenuare la responsabilità – prosegue la sentenza – le pretese di urgenza e ineluttabilità, giustificazioni “sintomatiche di un atteggiamento del tutto distante dal canone costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione e del principio di responsabilità dei pubblici dipendenti (che devono svolgere l’incarico con “correttezza, trasparenza, diligenza, imparzialità, competenza, sempre all’esclusivo servizio dell’interesse pubblico”)”.

Ecco. Forse avremmo preferito che la nota di chiarimenti della Provincia rispondesse a questa critica. Una critica durissima per chi pretende di amministrare la cosa pubblica nell’interesse dei cittadini. Peccato. Si è preferito invece rimarcare il fatto che la condanna per danno erariale è passata dagli oltre 200mila richiesti dalla procura ai 90mila comminati dai giudici. Che tra l’altro sono 97.277,69 euro, diventati dopo il conteggio 93mila. Ma per qualcuno qualche migliaio di euro sono noccioline.

Quanto infine alla magnanimità dimostrata nei nostri confronti dalla Provincia (sarebbe stato utile indicare i nomi di riferimento), veniamo incontro alla cultura giuridica dei nostri amministratori.

L’articolo 52 citato fa esplicito riferimento alla possibilità di rendere in forma anonima i dati personali contenuti in una sentenza soltanto al momento della sua riproduzione in qualsiasi forma per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.

Non vale per il diritto di cronaca, questo odiato privilegio di chi vuole fare informazione. Ci viene incontro la Corte Costituzionale: “le sentenze e gli altri provvedimenti giurisdizionali possono essere diffusi, anche attraverso il sito istituzionale nella rete Internet, nel loro testo integrale, completo – oltre che dei dati riferiti a particolari condizioni o status, anche di natura sensibile – delle generalità delle parti e dei soggetti coinvolti nella vicenda giudiziaria” e che “chi esercita l’attività giornalistica o altra attività comunque riconducibile alla libera manifestazione del pensiero […] possa trattare dati personali anche prescindendo dal consenso dell’interessato e, con riferimento ai dati sensibili e giudiziari, senza una preventiva autorizzazione di legge o del Garante”.

Ovviamente alla base deve esserci un interesse pubblico. E, presidente Zappaterra e altri firmatari, perdonateci, ma per noi un danno erariale (presunto per carità) di oltre 90mila euro lo è.

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