Cronaca
30 Marzo 2014
L’incontro al ridotto del Comunale per discutere su catastrofi e loro ricezione

“L’Italia dei disastri”: serve cultura della prevenzione

di Redazione | 3 min

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unnameddi Silvia Franzoni

Non piace che la Storia parli di disastri, e anzi ci si affretta perché questi, quand’anche accadano, siano presto eliminati dalla nostra memoria, trovando nella rimozione la soluzione al trauma. Ma così il problema è semplicemente allontanato: l’introiezione passa attraverso la conoscenza. A prefiggersi questo scopo è il volume, capace di coniugare rigore scientifico e capacità divulgativa, “L’Italia dei disastri – dati e riflessioni sull’impatto degli eventi naturali 1861-2013”, curato dalla direttrice del Centro euro-mediterraneo di documentazione Eventi Estremi e Disastri (EEDIS) Emanuela Guidoboni e Gianluca Valensise, dirigente di ricerca all’INGV di Roma. La presentazione del libro, questo pomeriggio presso la Sala del ridotto del Comunale, è stata occasione di discussione alla quale sono intervenuti, oltre ai curatori del volume, Marco Bondesan di Italia Nostra, Michele Fabbri, docente nel Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza, Marco Stefani (Dipartimento di Architettura UniFe) e l’attore Stefano Muroni. Moderati dalla giornalista Dalia Bighinati, i relatori hanno delineato una erronea, quando non assente, ricezione dei disastri da parte della società, “priva – lo sottolinea il prof. Stefani – di quadri interpretativi e contesto culturale che si interessino all’evoluzione dei processi ambientali”: è fondamentale, invece, sostiene Gabriele Valensise, “una prospettiva storica in cui inserire gli eventi”, una vera e propria “memoria della natura idro-geologica della nostra penisola”. Si richiede, dunque, una nuova cultura della sicurezza che, nata dalla conoscenza, diriga i suoi sforzi alla prevenzione: ne parla a più riprese Emanuela Guidoboni, evidenziando la necessità di un “ricordo capace di produrre soluzioni”, in un paese che non ha “ancora saputo dare risposte condivise ai disastri naturali e che spende oltre 5 miliardi annui per arginarne i danni”. La soglia di sordità del pubblico italiano è però così alta da continuare ad imputare i disastri “ai cambiamenti climatici piuttosto che alla oggettiva responsabilità umana”, e i media, la politica e le amministrazioni, hanno la colpa, come discusso dal prof. Fabbri, “di trattare i disastri con toni catastrofistici o con sottovalutazioni preoccupanti, perseguendo secondi fini ed interpretando in modo differente, contraddittorio e poco chiaro il concetto centrale di probabilità dei fenomeni”.

Il focus si sposta poi sulla realtà ferrarese: un territorio, il nostro, in cui la “cultura del terremoto – spiega il prof. Bondesan – non è mai stata tralasciata, ma anch’essa soggetta alla memoria selettiva”. Data come costante ed immutabile per convenienza, la terra ha invece cominciato a tremare il 20 maggio 2012, e l’emergenza è stata gestita “egregiamente”, come sottolinea l’assessore comunale alla Protezione Civile Aldo Modonesi, dal sistema regionale. L’alta attenzione sui temi hanno permesso un “adeguamento dei piani di emergenza che affiancassero il rischio sismico agli assetti idraulici del territorio, e ad eventuali rischi industriali”. La sensazione, però, è stata che il meccanismo di rimozione si fosse prontamente attuato anche nelle menti dei ferraresi: è infatti in una città già pronta a dimenticare che prese avvio il progetto dell’Urban Center del Comune che, spiega l’assessore all’Urbanistica Roberta Fusari, nei mesi immediatamente successivi al sisma ha promosso “una serie di percorsi partecipati con esperti così da tranquillizzare i cittadini, e gettare in loro il seme della cultura della prevenzione”. Un punto di partenza di un intero processo culturale ancora da svolgere. E del sisma che ha colpito l’Emilia nel 2012 si potrà parlare anche in un film: l’attore ferrarese Stefano Muroni ha infatti anticipato il progetto, ancora in cantiere, di realizzazione di un lungometraggio sul “terremoto delle fabbriche”, affidando all’arte e al linguaggio cinematografico la forza di “fermare l’attualità e riportare la memoria storica”.

Ad emergere dall’incontro, dunque, è la sfida di una cultura non più dell’emergenza ma della prevenzione, una ri-educazione all’informazione che, concordano i relatori, deve partire dalle scuole: “qui bisogna combattere l’ignoranza del passato che crea indifferenza nel futuro”.

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