Cronaca
11 Febbraio 2014
Anche Stefano Rodotà tra i firmatari del testo redatto dal docente Unife e presentato alla Corte Costituzionale

Droga, Pugiotto guida l’appello contro la Fini-Giovanardi

di Ruggero Veronese | 3 min

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Andrea Pugiotto, docente di diritto costituzionale Unife

Sono 138 i firmatari dell’appello, partito dalla penna del docente ferrarese Andrea Pugiotto, per l’incostituzionalità della legge sulle droghe Fini-Giovanardi promosso dall’associazione “La Società della Ragione”, presentato nelle settimane scorse ed inviato ai giudici della Corte Costituzionale che oggi ha aperto l’udienza pubblica sul tema. A rappresentare le istanze di incostituzionalità in aula saranno l’avvocato Michela Porcile e il professor Giovanni Maria Flick, già ministro della giustizia e presidente emerito della Corte Costituzionale.

Il documento, promosso in prima persona da Stefano Anastasia, presidente de “La Società della Ragione”, Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti per la Regione Toscana e dall’avvocato Luigi Saraceni, è stato redatto da Andrea Pugiotto, docente di diritto costituzionale presso l’Università di Ferrara e ha avuto l’adesione di importanti giuristi ed esponenti del mondo accademico italiano, oltre a numerosi garanti dei diritti dei detenuti e ad operatori del settore. Segnaliamo fra gli altri l’adesione di Stefano Rodotà, Luigi Ferrajoli e Salvatore Senese.

In un seminario a Roma organizzato nelle scorse settimane in collaborazione con Antigone, Cnca, Forum Droghe, Magistratura Democratica e Unione Camere Penali Italiane, Luigi Saraceni ha commentato le ordinanze dei Tribunali italiani e della Terza sezione Penale della Cassazione che hanno sollevato la questione di fronte alla Corte Costituzionale e la memoria dell’Avvocatura dello Stato per conto del Presidente del Consiglio Letta. Tutta la documentazione sul seminario, i video degli interventi, i dossier di approfondimento e le memorie presentate alla Corte Costituzionale sono pubblicati sul sito de La Società della Ragione, così come il testo completo dell’appello.

La trattazione di Pugiotto affronta sia la controversa  nascita della Fini-Giovanardi che i suoi presunti vizi di incostituzionalità. Ripercorrendo la “Genealogia di un eccesso di potere”, il documento spiega come il la trasformazione in legge del decreto legge del 30 dicembre 2005, “norma già eccentrica rispetto ad un provvedimento necessario e urgente”, abbia preso una direzione “proibitiva e proibizionista” sia a causa dell’imminente scioglimento delle Camere, a discapito del dibattito parlamentare, sia dalle Olimpiadi invernali di Torino celebrate poche settimane dopo, che sarebbero state messe a rischio da un rinvio alle Camere della legge da parte del presidente (“messo con le spalle al muro”, scrive Pugiotto) Napolitano.

Si passa quindi alle varie obiezioni formali sia al contenuto della legge che al suo iter burocratico, che secondo Pugiotto e i firmatari dell’appello avrebbe almeno cinque ragioni per essere ritenuto irregolare, prima tra tutte “l’assenza dei presupposti di necessità e urgenza”, ma in cui si notano anche “l’incostituzionalità di emendamenti «non estranei» al decreto-legge inseriti in sede di conversione”. Dopo la trattazione tecnica dei vari “vizi di forma”, formali e sostanziali, Pugiotto lascia spazio anche alle conclusioni di carattere più sociale, indicando la legge come “una delle principali cause normative” del “sovraffollamento strutturale e sistemico” delle carceri italiane, oltre che come elemento che rischia di sovraccaricare magistratura e tribunali di procedimenti penali superflui. “Un detenuto su tre – si legge nell’appello – entra in carcere ogni anno per violazione dell’attuale normativa antidroga. La previsione di sanzioni severe (da 6 a 20 anni di carcere) per detenzione illecita di qualsiasi sostanza stupefacente comporta l’incriminazione di molti consumatori, anche per il semplice possesso di una quantità minimamente eccedente la soglia fissata da apposito decreto ministeriale. La scelta a favore di un inasprimento punitivo generalizzato, infine, moltiplica esponenzialmente le denunce e i relativi procedimenti penali, inflazionando oltremisura l’azione delle forze dell’ordine e della magistratura”.

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