Attualità
12 Ottobre 2013

Potere e bellezza

di Redazione | 3 min

Ci sono luoghi che solo a pensarli producono un reverente timore, specie negli anni che stiamo vivendo dove è già molto che i nostri rappresentanti politici sappiano almeno parlare senza produrre o l’ilarità di chi ancora rispetta un linguaggio corretto (che tale deve essere se vuole esprimere idee altrettanto corrette) o la tragica consapevolezza di un paese che ha perso assieme all’etica del fare il senso di una giustizia interiore sconfitta da proposte di leggi imposte, supposte o inventate secondo la delirante e consequenziale coincidenza di due fenomeni demagogici e populisti assieme: il berlusconismo e il grillismo.

Entrambi ignorano una fondamentale conseguenza che ha sorretto nei secoli l’orrido e spaventoso susseguirsi di tirannie e violenze. Una conseguenza che diventa esigenza – e lo scoprirono alla fine dell’antico regime gli stessi rivoluzionari che immediatamente ne adottarono la prassi e i modelli- l’esigenza cioè di accompagnare il potere con la bellezza. Ora nella nostra democrazia sfiancata da vent’anni di berlusconismo e da due-tre anni di grillismo e dalla preoccupante assenza di una sinistra imbelle non c’è nemmeno l’alibi della bellezza perché ormai questa non serve più all’esercizio del potere.

Tanto pensavo mentre mi apprestavo a parlare di bellezza in un luogo che raccoglie la memoria di ciò che la mente e il cuore umani hanno saputo esprimere di più alto e che ora è raccolto nel Cenacolo di Santa Croce a Firenze. Ti ritrovi lì nell’esatto luogo dove Dante andava a discuter di filosofia e che qualche anno più tardi Taddeo Gaddi il miglior allievo di Giotto decorò con L’albero della vita e davanti all’impassibilità assoluta di quello squalo enorme che imperturbabile ti osserva con occhi severi e lontani, al di là dell’umano: i resti del Cristo di Cimabue crocifisso da una natura vendicativa che l’ha ridotto a ombra e a giudizio morale nell’alluvione di Firenze. E accanto i grovigli e i pensieri neri di Rosso, di Pontormo, di Salviati. E tra le tombe di Santa Croce, nella architettura della cappella Pazzi che rivela una perfetta assenza di qualsiasi peccato commesso o da commettere da chi atrocemente seppe redimere il peccato con la bellezza un’idea d’ Italia che ora viene ogni momento rinnegata e offesa.

Lì ho parlato di bellezza e di Canova ospite in una piccola ma perfetta mostra a Casa Buonarroti. A tener compagnia alla grandezza di un altro “divino”: Michelangelo. Non travolto dalla sindrome di Stendhal ma afflitto per la perdita della bellezza che là nella città del fiore come nella Ferrara che ho conosciuto viene venduta come moneta di scambio ormai passata di moda tra il Ponte Vecchio affittato per feste private o le sagre e i baloons che invadono Ferrara privandoci di quella bellezza che non ha più ragione di essere se non per costruire carriere politiche. Dopo l’esperienza di Santa Croce poco mi rimane da desiderare.

Da un punto di vista scientifico non posso chiedere nient’altro ma ancora una volta la passione civile m’impone di combattere e protestare contro chi, politici in testa, ha deciso che la bellezza è “fuori moda”, che nulla ormai può contro la bruttezza dell’oggi e non come cantava Foscolo essere speranza, “rimedio unico ai mali” che ci affliggono e ci tormentano.

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