Immagine da Wikipedia
Il ricercatore ferrarese Paolo Zamboni lo annuncia su Twitter – “non più le placche ma le vene per la diagnosi in risonanza magnetica di SM (sclerosi multimpla, ndr)”- e poi arriva anche un comunicato diffuso dall’associazione Ccsvi nella sclerosi multipla: i ricercatori avrebbero scoperto un nuovo metodo per diagnosticare la sclerosi multipla: la risonanza magnetica (MRI) a campo elevato delle vene centrali nelle lesioni che si verificano nel cervello.
Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Jama Neurology intitolato “‘Vene centrali nelle lesioni cerebrali visualizzate con immagini di risonanza magnetica a campo elevato: un biomarcatore diagnostico patologicamente specifico per la demielinizzazione infiammatoria nel cervello”, l’analisi delle vene centrali del cervello, condotta con una risonanza magnetica a 7 Tesla potrebbe essere un nuovo e più potente marker per le diagnosi di Sm.
I ricercatori dell’Università di Nottingham hanno arruolato 29 pazienti con possibile Sm che avevano lesioni cerebrali rilevate da scansioni cliniche di MRI, ma la cui condizione è rimasta non diagnosticata, nonostante le valutazioni cliniche e radiologiche. Ad essi è stata effettuata la risonanza magnetica a campo elevato e sulle base di questa è stata fatta una diagnosi sulla presenza o meno della sclerosi multipla, poi confrontata con quelle fatte dai medici curanti “in cieco”, ovvero senza che fossero a conoscenza dei risultati dati dallo strumento diagnostico sotto esame.
Dei 29 pazienti arruolati, 22 hanno poi ricevuto una diagnosi clinica. Tutti i 13 pazienti a cui è stata diagnosticata la sclerosi multipla mostravano anche vene centrali visibili nella maggioranza delle lesioni cerebrali al basale, mentre i 9 in cui la Sm non è stata rilevata avevano vene centrali visibili in una minoranza di lesioni. Secondo i ricercatori la visibilità delle vene centrali nelle lesioni la predittività -positiva o negativa- del risonanza magnetica a campo elevato si sarebbe dimostrata del 100%. Potrebbe significare che la visibilità o meno delle vene centrali nelle lesioni possano essere prese come un biomarcatore specifico per la patologia (la Sm) finora mai individuato.
Questo potrebbe significare l’utilizzabilità di un nuovo e più efficace strumento diagnostico per la sclerosi multipla, patologia che colpisce circa 68 mila persone in Italia e per la quale la diagnosi è molto complessa, spesso lunga (il che comporta degli importanti ritardi per la cura dei pazienti) e basata su più strumenti diagnostici: i sintomi riferiti dal paziente, l’esame neurologico e le analisi strumentali come risonanza magnetica e i potenziali evocati, oppure le analisi del sangue e del liquido cerebrospinale, spesso seguiti da un esteso periodo di controllo per verificare se ci si trovi o meno davanti a un caso di sclerosi multipla.
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