Attualità
4 Dicembre 2012

“Non ci sono soldi”

di Redazione | 5 min

Aspettavo con curiosità il confronto tra il ministro Profumo e Salvatore Settis nella palestra di “Che tempo che fa” del lunedì. Da tanto tempo lavoro con Settis sui problemi della difesa del paesaggio e sulla politica dei Beni Culturali. Molti non sanno che uno dei maestri dell’accademia italiana (rettore della Scuola Normale di Pisa, antichista, storico dell’arte) ha dovuto abbandonare nel 2008 (o meglio è stato indotto a lasciare) la presidenza del Consiglio Superiore dei Beni Culturali per espresso desiderio dell’allora ministro Sandro Bondi (sì, quello di Pompei) che trovava lesive della dignità del Ministero le critiche avanzate da Settis.

Ho conosciuto Settis al Getty Museum di Los Angeles quando ne dirigeva la biblioteca e aveva come collaboratrice l’attuale direttrice della Pinacoteca Nazionale di Palazzo dei Diamanti Luisa Ciammitti. Era l’anno della mostra di Dosso Dossi a New York e Los Angeles ma era anche il tempo dello sviluppo scientifico che animava l’Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara. L’intesa è stata subito proficua. Quasi tutti i volumi che l’ISR di Ferrara elaborava e editava su precisi programmi mirati all’interno dei suoi archivi  sostenuti e progettati dalle grandi personalità che ricoprivano ruoli importanti all’interno dell’ISR (e, cito a caso, Paolo Prodi, Carlo Ossola, Adriano Prosperi, Amedeo Quondam, Ezio Raimondi, Gigliola Fragnito, Giorgio Baiardi e gli “indigeni” da Ranieri Varese a Paolo Fabbri a Marco Bertozzi a Carla Molinari)  passavano dalla Normale di Pisa dove anche Lina Bolzoni grande specialista dell’Ariosto e del rapporto letteratura arti figurative ricopre  la cattedra di letteratura italiana. E mi scuso con gli altri che il tempo e la fretta e la tristezza non sono qui citati ma sono reperibili nei titoli dei più dei cento volumi che formano il “prodotto” scientifico dell’ISR.

Settis dunque indesiderato in Italia  in una certa Italia “politica” (destra e sinistra possono compiere danni, anche se di entità differenti) ora assume la presidenza del Comitato scientifico del Louvre e continua la sua grande battaglia sulla distruzione del paesaggio vincendo con i suoi libri i premi più importanti italiani ed esteri. Nel programma televisivo si misura col ministro Profumo sulla condizione della figura dell’insegnante, dell’umiliazione che viene riservata a quella figura in tutti i suoi gradi dalla materna alla ricerca. Una catena di professionalità umiliata, sbeffeggiata e tenuta in non cale. Senza più dignità. Settis ricorda i soprusi che vengono fatti sulle due più importanti strutture dello Stato: la salute pubblica e la scuola di ogni ordine e grado fino alla ricerca, fino all’Accademia. Da brivido.

Onestamente Profumo ammette che la strada per risolvere la questione è quasi irreversibile e Settis conclude che la colpa non è della destra o della sinistra ma che la cultura in mano alla politica subisce questa tragica metamorfosi e violenza. A differenza di quasi tutti gli stati del mondo, USA in testa, l’Italia non ha investito in cultura e in insegnamento da circa un trentennio; Settis cita il caso del paese in questo caso all’avanguardia: nientemeno che la Corea del Sud dove l’insegnante è una figura rispettata per il mestiere che professa.

E veniamo all’ultima tristissima vicenda.

L’Istituto di studi rinascimentali di Ferrara nel suo trentennale lavoro ha agganciato la forma più alta della ricerca e ha portato il nome della piccola, provinciale Ferrara nel mondo non certo con i privilegi della notorietà dei famosi ma ribadendo che in quella piccola città dall’inizio del medioevo fino al Novecento si è elaborata una delle forme più affascinanti e complesse del pensiero umano. E il risultato è testimoniato dal valore delle ricerche che lo avevano reso noto ovunque, di quella notorietà che non si misura né come  evento né con la facile conoscenza di un pubblico che ha tutti i diritti a non conoscerlo, ma che può, se si vogliono rispettare i principi della costituzione, organizzato in societas, stare tranquillo che le sue radici sono tutelate.

Al terremoto si aggiunge un altro colpo durissimo inflitto all’ISR. Con le nuove regole che le Provincie dovranno osservare, quella di Ferrara socia assieme al Comune dell’ISR deve dismettere la sua presenza economica e giuridica nell’ISR. L’Istituto verrà chiuso a fine anno e tutta la responsabilità ricade sul Comune che non può far altro che tramutare l’Istituto in un “ufficio studi” legato ai Musei d’Arte antica. Certo la sede è prestigiosa Casa Minerbi. Ma il direttore non potrà avvalersi di un comitato scientifico perché non è previsto nella nuova condizione. E che fa? Può presentarsi agli appuntamenti mondiali che ha con le grandi istituzioni, università e centri culturali come “ufficio studi”?

Settis ribadiva che al mantra di “non ci sono soldi” si deve costituzionalmente rispondere che i beni culturali come è il caso dell’ISR vanno protetti e incentivati. Non si tratta di “razionalizzazione” di fronte alla crisi economica: si tratta di un’autonomia scientifica (de facto riconosciuta ma che ha bisogno di una forma istituzionale) che garantisce l’operatività del glorioso Istituto. Colpe gravi ricadono sull’economia dei privati che non hanno mai voluto investire in questa straordinaria impresa. Poco si guadagna in ritorno d’immagine dall’Ariosto o dal Tasso, dal Tura al Bastianino, dalla cultura delle Legazioni o dai costruttori dell’Addizione erculea. Che dire? O che pensare?

Questo intervento tende a spronare i responsabili a trovare una soluzione dignitosa. Senza l’autonomia scientifica formalizzata ogni sforzo è vano anche se l’ISR abiterà in uno delle case più belle e affascinanti di Ferrara, luogo di accentramento della cultura del Novecento. E’ la casa dove si faceva la cultura ferrarese del Novecento in tempi terribili come quelli dell’immediato dopoguerra tra Minerbi, Bassani, Ravenna, Gnudi, Arcangeli e tanti altri che hanno espresso il concetto di Italia Nostra e la nobiltà di Ferrara.

E l’ISR è una Ferrara nostra che esce dalle mura per riportarvi dentro l’aspetto più nobile della cultura umanistica.

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