Politica
8 Settembre 2012
Giornalisti d’inchiesta descrivono il problema della criminalità ambientale in Italia

Ecomafia e segreti che devono venire alla luce

di Redazione | 4 min

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di Ruggero Veronese

“Dietro la questione dei rifiuti c’è molto da scoprire, ci sono avvenimenti che si incrociano con i misteri della nostra storia recente e che confluiscono nel tema centrale del nostro paese, che è quello della legalità”. Così il parlamentare del Pd Alessandro Bratti ha fatto il punto dell’incontro organizzato giovedì alla festa del Pd, in cui si è parlato del giornalismo d’inchiesta sull’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e sul fenomeno dell’ecomafia a cui è legata la vicenda. Un tema che ha stupito tutto il pubblico per la sua vastità, per le inaspettate connessioni con la vita di tutti i giorni ma soprattutto per la gravità e l’urgenza di una questione che vede da anni intere nazioni ostaggio dalla malavita interna.

A parlare dell’argomento sono intervenuti infatti dei veri esperti della materia, giornalisti che hanno dedicato gran parte della carriera alla ricerca della verità che si cela dietro le ecomafie: Vincenzo Mulè (il Punto), Andrea Palladino (il Fatto Quotidiano) e Luciano Scalettari (Famiglia Cristiana), accompagnati da Bratti che oltre all’attività politica lavora nella commissione parlamentare di inchiesta che segue il problema.

Proprio l’esponente del Pd introduce il problema, annunciando che i lavori della commissione hanno portato a nuovi sviluppi di un’indagine che sembrava ad un binario morto: “Stiamo finendo di rivedere alcune questioni, ma abbiamo avuto la presunzione di poter fare meglio dei nostri predecessori. Siamo riusciti ad attivare inchieste e procedure ferme da tempo, e nuovi elementi di verità verranno fuori”.

Il tema dell’ecomafia nasce in seguito all’omicidio in Somalia dell’inviata del TG3 Ilaria Alpi e del suo collaboratore Miran Hovratin, che indagavano su un caso di traffico d’armi dall’Italia all’Africa. Sembra ormai appurato che la giornalista avesse trovato una pista che legava questo traffico ad alte sfere del mondo industriale, politico e della criminalità italiana, i cui accordi consistevano nel potersi liberare dei rifiuti inviandoli alla malavita africana in cambio di costanti rifornimenti di armi.

“Abbiamo lavorato – racconta Scalettari – per smontare quello che era avvenuto nella commissione fino al 2006, le cui conclusioni espresse dall’avvocato Taormina furono che il caso di Ilaria Alpi fosse solo una costruzione mediatica, e che i due giornalisti uccisi fossero stati semplicemente protagonisti di una vacanza in Africa conclusasi tragicamente”. La lista delle mancanze attribuite a chi indagò fino a ieri a livello parlamentare dai giornalisti è lunghissima: le due autopsie sulla vittima eseguite sempre dallo stesso medico legale, l’occultamento e la sostituzione dell’automobile soggetta alla perizia balistica, e soprattutto la scelta del principale testimone e collaboratore, Giancarlo Marocchino, le cui parole costituirono l’ossatura delle tesi della commissione ma il cui ruolo nella vicenda rimane assai dubbio.

La svolta avvenne quando Mulè fu contatto dal pentito della ‘Ndrangheta Francesco Fonti, che parlò degli avvenimenti legati all’ecomafia, in particolare delle navi cariche di rifiuti affondate al largo delle coste italiane, dei traffici con la Somalia e facendo nomi di personaggi noti per aver già avuto a che fare con alcuni dei casi più misteriosi della nostra storia recente, in particolare il periodo stragista della trattativa mafia-Stato in atto agli inizi degli anni ’90. “Fonti – racconta il giornalista – è una figura atipica della criminalità italiana, con un doppio patto di collaborazione sia con lo Stato che con la ‘ndrangheta. Ed è uno degli anelli di una catena che parte dalla grande industria statale, passando per la politica, i servizi segreti e arrivava a chi aveva il controllo del territorio: le mafie”.

Secondo Palladino tutta la vicenda illustra molto bene una dinamica ben precisa e collaudata di disinformazione di stato, che cominciò nel ’76 col disastro di Seveso ed è tuttora in atto. “Il servizio di quel 20 marzo della Alpi è ancora coperto da segreto e non può essere visto da nessuno. 20 marzo, otto giorni prima che Forza Italia e i suoi alleati vincessero le elezioni e cambiassero la storia dell’Italia. E’ per questo che il caso Alpi ci riguarda ancora tutti: siamo l’unico paese in cui ci fu una trattativa tra Stato e malavita, l’unico in cui c’è una commissione di indagine dal ’95. Questi segreti devono vedere la luce”.

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