Insieme alla musica scende in strada anche la creatività dei loro strumenti. Note e fantasia saranno al centro della 25esima edizione del Ferrara Buskers Festival. A partire dal concerto del Riciclato Circo Musicale, evento che inaugura virtualmente il progetto Ecofestival con una serie impressionante di strumenti ricavati da materiali di recupero (e da poco anche dagli elettro- domestici) alla continua ricerca di timbri e nuove sonorità, non è infatti l’unico caso di artisti che di certo non fanno la fortuna dei negozi di “banali” chitarre e batterie. Lontanissimo dalla figura del canonico chitarrista coi pantaloni di pelle o da quella del bassista con la sigaretta in bocca, Bob Cubertson è considerato tra i pionieri del Chapman Stick, un mix tra chitarra e basso con 10 o 12 corde che, accarezzate con la punta delle dita, offrono un suono simile a quello di un pianoforte. Accordi, melodie
e basso sono eseguite tutte nello stesso tempo, senza basi o strumenti di sintesi e le performance di Cubertson, a cavallo tra jazz, folk, musica spagnola e musica classica sono apprezzate in tutto il mondo.
Il giovane musicista artigiano emiliano Paolo Borghi è invece maestro dell’Hangdrum, strumento a percussioni inusuale creato in Svizzera, nel 2000, da due artigiani di Berna
(nel dialetto della città significa “mano”). È composto da due semisfere appiattite in acciaio temperato, come due scudi che uniti gli conferiscono una forma ad ufo. L’artista emiliano ne possiede tre diverse versioni, differenti per tonalità e data di costruzione, ed è al Festival per il quarto anno consecutivo. Ed è sempre l’Hangdrum – forse tanto strano per i comuni mortali quanto apprezzato tra gli artisti di strada – uno degli elementi che compongono la world fusion music del compositore belga Curt Ceunen, che a Ferrara lo unisce al didgeridoo, mescolando i suoni di due strumenti musicali nati in epoche molto distanti tra loro, dando vita ad un’alternanza tra tonalità calde e metalliche e ritmi ipnotici e profondi. Quello che ne risulta è un mix di tendenze ambient, trance, etniche, groovy, meditative, malinconiche ed allegre.
Ancora meno vicini al set di un gruppo tradizionale, i Bottle Boys – band danese creativa ed innovativa – portano un nome che definire evocativo è un eufemismo. In seguito ad un esperimento nato quasi per gioco durante una festa dell’Istituto di Musicologia di Copenaghen, i quattro componenti dell’ensemble riescono a produrre qualsiasi tipo
di suono, soffiando nei particolarissimi strumenti-bottiglia riempiti d’acqua a diversi livelli, rigorosamente costruiti in
modo artigianale. I The Bottle Boys spopolano negli spettacoli televisivi e nei più importanti festival e concorsi musicali danesi, nei quali hanno già ricevuto ottimi riconoscimenti ma la loro predilezione è suonare per la strada, tra la gente delle città europee dove la stravagante band riesce ad esprimere al meglio le sue qualità, traendo vigore dal contatto e dalla partecipazione del pubblico.
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