Cronaca
25 Giugno 2012
Una ricerca dell'Università di Ferrara commissionata dai Comuni dell'Alto Ferrarese aveva previsto l'eventualità del fenomeno

Liquefazione, rischio conosciuto già nel 2008

di Mauro Alvoni | 3 min

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Il fenomeno della liquefazione in seguito a eventi sismici era già noto nel 2008. O quantomeno era previsto che potesse verificarsi in seguito a un terremoto. Lo rivela una relazione geotecnica sismica effettuata appunto nel 2008, di cui era responsabile scientifico il professor Vincenzo Fioravante del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Ferrara.

Le attività di ricerca, commissionate dall’Associazione Intercomunale Alto Ferrarese (di cui fanno parte i Comuni di Bondeno, Mirabello, Vigarano Mainarda, Poggio Renatico, Sant’Agostino e Cento, hanno avuto l’obiettivo di classificare sismicamente, verificare la suscettibilità a liquefazione dei terreni e la loro propensione a manifestare cedimenti indotti da sisma, nei terrritori degli stessi Comuni.

Una delle risultanze della ricerca riguarda il fatto che tutta l’area presa in esame è costituita da depositi alluvionali, fattore che predispone a fenomeni di amplificazione del “segnale” durante un evento sismico. Nella relazione si evidenzia la presenza nell’Alto Ferrarese di “estese zone caratterizzate nel sottosuolo da depositi granulari, di profondità e spessore variabile a seconda dell’epoca di origine e di esaurimento del ramo fluviale dalle cui esondazioni ha avuto origine il deposito”. “La falda libera in genere abbastanza superficiale in tutta l’area – si precisa – rende questi depositi potenzialmente suscettibili di liquefazione”.

“Per le parti di territorio già urbanizzate o indicate come suscettibili di urbanizzazione ricadenti nelle aree potenzialmente suscettibili di liquefazione – si spiega nella relazione – è necessario, secondo le indicazioni degli Indirizzi Regionali, analizzare prove geofisiche e geotecniche, sia in sito che in laboratorio, per arrivare a definire il comportamento dei terreni sotto sollecitazione dinamica. Tutti i depositi alluvionali presenti nell’area in esame sono di formazione piuttosto recente, spesso di modeste caratteristiche meccaniche: è probabile dunque che nel territorio dell’Alto Ferrarese esistano aree che in caso di sisma potrebbero essere soggette a fenomeni di riconsolidazione o di densificazione, con cedimenti in superficie anche importanti. La mancanza di dati specifici sulla granulometria e sulle proprietà meccaniche dei terreni non consente tuttavia la definizione, seppur qualitativa, di aree affette da problemi di cedimenti”.

La carta del potenziale di liquefazione dello studio del 2008

Insomma i ricercatori avevano “avvisato” che gli effetti del sisma avrebbero potuto, in determinate zone dell’Alto Ferrarese, provocare il fenomeno che tutti ora conosciamo bene e che ha interessato diverse aree a Mirabello a Sant’Agostino. Così come nel ’93, alla Sala dell’Imbarcadero, in un famoso convegno alcuni esperti dell’Associazione Geologi della Provincia di Ferrara misero in guardia sulla possibilità, non del tutto remota, di un evento sismico di grossa portata.

In questi giorni una equipe di geologi e studiosi giudati da Roberto Caputo, docente Unife del dipartimento di Scienze della terra e coordinatore scientifico nazionale dei programmi sismologici del dipartimento di Protezione civile, sta effettuando una serie di analisi sul sottosuolo di San Carlo, dove il fenomeno della liquefazione si è manifestato in maniera evidente, per cercare di caspire la storia sismica della zona e calcolare i tempi di ritorno. I risultati verranno pubblicati non appena terminati le ricerche e forniti alle autorità comunalik e alla Protezione Civile.

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