Alla fine gli indagati per il crollo dei capannoni e gli operai morti nel Ferrarese potrebbero essere una trentina. È quanto si apprende dalla procura di Ferrara, che vede due magistrati, il sostituto procuratore Nicola Proto e il pm Alberto Savino, impegnati sul fronte giudiziario del terremoto.
Per il primo, concentrato sul fronte Ursa, “gli indagati otto erano e otto rimangono”, mentre per il secondo si prospetterebbe una decina di inquisiti per ogni fascicolo, Ceramica Sant’Agostino e Tecopress. Al momento sarebbero otto per l’Ursa di Stellata, cinque per la Ceramica e quattro per l’azienda di Dosso. “Atti dovuti” continuano a ribadire in via Mentessi, funzionali più che a individuare eventuali responsabilità, a consentire l’esercizio del diritto di difesa.
E mentre riprende la produzione alla Ceramica (le verifiche del centro operativo comunale presso gli stabilimenti dell’azienda hanno dichiarato agibile al 100% l’area della bicottura, al 50% quella del gres porcellanato), oggi è atteso un incontro tra le procure di Ferrara e di Modena per pensare alla maxi perizia che dovrebbe riguardare i cedimenti nelle due province.
Non aspettano altro gli avvocati delle difese, anche se il secondo sisma ha comprensibilmente rallentato ogni procedura. È il caso di Andrea Marzola, che assiste il legale rappresentante di Tecopress (“l’unico al momento raggiunto da un avviso di garanzia” per quanto riguarda la fabbrica) assieme al collega Claudio Picaglia del foro di Bologna. “Stiamo aspettando il conferimento dell’incarico da parte della procura per svolgere gli atti irripetibili”, conferma Marzola, che affiancherà un proprio consulente a quelli della procura: “noi siamo pronti da dieci giorni”.
È il tempo è sempre più prezioso, perché “al di là del dramma umano che deve avere ogni priorità, rallentare la ripresa della produzione rischia di aggravare la situazione di una zona già disastrata. Noi dimentichiamo che duecento persone più l’indotto, per quanto riguarda Tecopress, attendono di tornare al lavoro”.