Recensioni
2 Aprile 2012
Nelle sale espositive della Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo

I grandi illustratori della Divina Commedia

di Redazione | 4 min

di Maria Paola Forlani

Incubi, angosce, estasi di grandi illustratori della Divina Commedia in un percorso di notevole suggestione che conduce il visitatore dalle tenebre infernali alla luce paradisiaca nelle sale espositive della Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, presso Parma. Fino al 1 luglio 2012 è infatti Dante – attraverso le opere di arte di Gustave Dorè, Francesco Scaramuzza e Amos Nattini dedicate alla Commedia – il protagonista della nuova mostra proposta dalla Fondazione della Magnani Rocca. Si tratta di ‘visioni’ nel senso ambivalente di interpretazioni illustrative e di sguardi visionari; nelle sale espositive, dopo il passaggio in quell’Empireo terreno costituito dalle opere sublimi di alcuni dei più grandi artisti di ogni tempo della raccolta permanente della Fondazione, le note della sinfonia dedicata a Dante composta da Franz Liszt, grande musicista contemporaneo di Dorè e di Scaramuzza, e l’apparato luminoso opportunamente studiato accompagnano le immagini delle cantiche dantesche, rafforzando il senso di passaggio dal dramma della pena alla contemplazione divina che il Poeta ha espresso. La Fondazione mantiene così affascinanti corrispondenze fra varie espressioni artistiche in un accostamento tra poesia, arti figurative, musica, in questo affascinante evento, curato da Stefano Roffi, che offre al pubblico un forte coinvolgimento visivo quanto emotivo e spirituale (Catalogo Silvana Editoriale).

Illustrare la Divina Commedia è sempre stato un compito arduo e un’impresa ambiziosa quanto stimolante per gli artisti di tutte le epoche. L’opera di Dante ebbe presto una grande diffusione e i primi adornatori di manoscritti miniati riservarono a essa impegno e qualità di lavorazione al pari delle Sacre Scritture. Con l’itinerario profetico della Commedia gli artisti hanno presto stabilito un parallelo simbolico-visivo attraverso un processo di similitudine, vivendo e dando forma, specie nella generazione classico-romantica e simbolista, al dramma della propria esistenza e del proprio destino, alla propria proiezione del contrappasso ultraterreno.

Alla Magnani Rocca, il corredo illustrativo della Divina Commedia, disegnato dal francese Gustave Dorè (Strasburgo, 1832 – 1883) realizzato intorno al 1861-1868, è certamente il più noto e popolare di ogni tempo: la sua fortuna è dovuta anche alla prevalente attività d’illustratore d’opere letterarie svolta come pittore e incisore: l’artista, con tratti robusti, marcati e decisi, coglie con virtuosismo romantico gli aspetti più realistici dell’opera dantesca, nonostante il predominio dei toni cupi anche al di fuori dell’Inferno. A quella di Dorè vengono accostate le “imprese” dei due grandi illustratori danteschi della loro epoca in Italia, entrambi vissuti nel parmense.

Francesco Scaramuzza (Sissa presso Parma, 1803 – Parma, 1886) affresca la sala di Dante della Biblioteca Palatina a Parma, oltre al Tempietto petrarchesco di Selvapiena e a una sala del Museo d’antichità di Parma. La sua opera più importante è però l’illustrazione della Dinina Commedia, una delle più aderenti al testo dantesco per la naturalezza delle immagini e l’abilità eccezionale dell’artista. Dei 243 grandi disegni a inchiostro (73 per l’Inferno, 120 per il Purgatorio, 50 per il Paradiso ), egli ne dedica ben 18 al solo canto XXXII dell’ultima cantica, tanto era affascinato dallo scenario dell’Empireo ideato dal Poeta. Gli atteggiamenti e gli attributi iconografici dei personaggi, nonché le ambientazioni, sono tesi a sviluppare la pietas del lettore-osservatore e quindi a valorizzare il messaggio dantesco.

Luciano Scarabelli (1806-1870), letterato, storico e uomo politico, tiene nel 1869-1870 all’Accademia di Belle Arti di Bologna un corso di lezioni avente come oggetto proprio il confronto fra le tavole del Dorè e di Scatamuzza, tema affrontato in almeno tre pubblicazioni negli anni successivi.

L’altro significativo illustratore dantesco, presente in mostra, è Amos Nattini (Genova, 1892 – Parma, 1985). A partire dal 1919, incoraggiato da Gabriele d’Annunzio, egli realizza una maestosa serie di 100 tavole che costituiscono l’illustrazione d’una speciale edizione della Divina Commedia e che vengono esposte a Parigi, Nizza e l’Aia, riscuotendo ovunque un notevole successo. Nattini usa le tecniche più innovative e un linguaggio figurativo originale lontano da qualsiasi imitazione, rinunciando al bianco e nero a favore del colore (acquarello e, per una tavola, olio) per immergere il proprio segno grafico e potente in una dimensione fantastica di sospensione e di incanto, dove il dramma è più accennato che realmente descritto. La sua arte, che rivela grande cultura, affonda le radici nel Rinascimento, in un senso di perenne primavera e di giovanile spensieratezza tratto da Botticelli e mediato da Michelangelo, anche se i modelli di Umanesimo classico sono da lui rivissuti non senza fascinazione per il Decadentismo.

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