15 Marzo 2012
Circa 685 pazienti per la sperimentazione del progetto Brave Dreams sulla sclerosi multipla

Metodo Zamboni: da maggio la selezione dei pazienti

di Redazione | 3 min

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I “sogni coraggiosi” di Paolo Zamboni sembrano destinati a realizzarsi: oggi è stato presentato ufficialmente l’avvio del progetto Brave Dreams, uno studio organizzato presso venti centri di ricerca diversi per verificare l’efficacia e la sicurezza della terapia sostenuta dal medico per trattare la sclerosi multipla.

La Regione Emilia Romagna finanzierà completamente la sperimentazione, e l’azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara coordinerà il tutto. “Potranno offrire la propria disponibilità allo studio solo i malati tra i 18 e i 65 anni di età – sottolinea Zamboni -, affetti dalle forme più comuni di sclerosi multipla: recidivante remittente o secondariamente progressiva, seguiti già da almeno due anni da uno dei venti centri coinvolti nel progetto”. Quest’ultimo parametro è stato stabilito perché, per capire se la persona può essere adatta o meno alla sperimentazione, “il neurologo deve disporre dei dati e dalla fiducia che solo la frequentazione di lunga data col paziente può garantire”. Saranno quindi i professionisti coinvolti nella ricerca a contattare i pazienti.

Da una prima fase di selezione dei soggetti – circa 685 – si passerà poi alla programmazione degli interventi per liberare le vene extracraniche – angioplastica venosa, punto focale su cui si basa l’intero metodo -, i quali potranno essere veri o simulati. “Lo studio che effettueremo si chiama doppio cieco – illustra Zamboni – perché un gruppo di pazienti verrà sottoposto alla terapia e un gruppo no. Esclusivamente il chirurgo saprà chi è stato operato e chi invece è stato sottoposto al solo controllo della flebografia. Sia i pazienti che i loro medici saranno tenuti all’oscuro”. Solo dopo un anno di monitoraggio verranno utilizzati i dati raccolti per capire se la strada tracciata debba essere proseguita o abbandonata.

“È importante ora lasciare che gli scienziati facciano silenziosamente il loro mestiere –  commenta Gabriele Rinaldi, direttore del Sant’Anna -: il clamore mediatico suscitato da queste ricerche ha già promosso troppe polemiche. Brave Dreams è diventato un marchio che nessuno potrà utilizzare, nemmeno per le raccolte fondi. L’attivismo delle associazioni dei pazienti in questo senso non deve creare confusione o diffondere facili entusiasmi: la sperimentazione serve appunto perché ancora non ci sono abbastanza conferme della validità del metodo”.

La Regione Emilia Romagna è il primo istituto che in Italia appoggia quella che definisce “una vera e propria impresa scientifica”. Continuerà a vigilare sullo svolgimento del percorso prefissato la commissione multidisciplinare che già si è occupata di definire il suo disegno tecnico. A maggio dovrebbero iniziare le selezioni dei partecipanti, gli operatori di diversi centri infatti hanno già completato la formazione necessaria ad avviare il progetto. Non si sa ancora quali città saranno le prime a iniziare il lavoro, inoltre  – ricorda e conclude Zamboni – “affinché i ricercatori possano impegnarsi in un clima il più possibile tranquillo, e per scongiurare migrazioni di pazienti che sarebbero comunque non considerate dato il vincolo dei due anni, non saranno resi pubblici i nomi dei centri aderenti”.

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