Lettere al Direttore
17 Febbraio 2012

Esternalizzazione e lotta alla precarietà

di Redazione | 8 min

La posizione che l’Istituzione Scuola e l’Amministrazione continuano a mantenere in riferimento alla modalità del servizio educativo per il prossimo anno scolastico merita delle considerazioni specifiche.

Considerare l’esternalizzazione una forma di lotta alla precarietà è un concetto che bisogna sviscerare compiutamente. L’unico raffronto che siamo in grado di compiere è con quei processi di esternalizzazione che, in ambito educativo, sono stati ad oggi portati a termine, quelli relativi al servizio di integrazione scolastica ed alla figura dell’atelierista educativo.

Il primo ha sicuramente determinato l’assunzione a tempo indeterminato di alcune educatrici da parte delle cooperative vincitrici della gara d’appalto, ma a tutte loro viene corrisposto un salario esclusivamente per i mesi di attività della scuola, da settembre a giugno, lasciandole di fatto per tre mesi senza stipendio, senza la possibilità di accedere alla disoccupazione e costringendole a cercare un lavoro occasionale per i mesi estivi se autorizzati dalla cooperativa. L’alternativa sarebbe l’assunzione da parte delle cooperative a tempo determinato, limitatamente ai mesi ricompresi nel calendario scolastico; anche questa soluzione, tuttavia, presenta delle criticità, visto che la garanzia della riassunzione non può essere in alcun modo fornita da nessuno.

Relativamente alle modalità di assunzione vale la pena rilevare un’altra stringente anomalia, relativa all’organizzazione del lavoro di una parte dei servizi comunali gestiti dalla cooperazione. In particolare i jolly atelieristi – quelle figure deputate a sostituire le atelerieste assenti – hanno l’obbligo di reperibilità dalle 07 alle 22 dal lunedì al venerdì e dalle 18 alle 22 della domenica. Questa organizzazione – che dovrebbe essere concordata con le Organizzazioni Sindacali – è del tutto illegittima, anche alla luce del fatto che ai lavoratori non viene corrisposta nessuna indennità di reperibilità come da CCNL delle cooperative sociali. Anche su questa specificità, ad oggi, non è stato preso nessun provvedimento.

A questo va necessariamente aggiunto il gap salariale che caratterizza il passaggio da dipendente comunale a dipendente di cooperativa, quantificabile in circa 250€ al mese, che grava sul modello di lotta alla precarietà che viene proposto dall’amministrazione.

Escluse da questo “percorso stabilizzante” sono state le donne incinte o con figli di età inferiore a sette mesi: esse, proprio per il loro status psicofisico, non sono state assunte dall’ATI vincitrice del bando, considerando la gravidanza “giusta causa” di mancata assunzione e, di fatto, violando le norme antidiscriminatorie che tutelano la maternità. Dopo aver pubblicamente denunciato questa grave ingiustizia, siamo ancora in attesa di avere una risposta dall’unico ente deputato al controllo su questa esternalizzazione, l’Istituzione Scolastica.

Questo modello non fa altro che frammentare e precarizzare ulteriormente il mondo del lavoro, non fornisce alcun tipo di stabilità anche considerando l’elevato turnover che colpisce i dipendenti della cooperazione impegnate in questo ambito lavorativo.

Tra gli indicatori previsti nella proposta dell’Amministrazione troviamo: “costruzione di Capitolati, con criteri in continuità con quelli già esistenti (Integrazione Scolastica, Spazio Bambini, Atelieristi), in grado di garantire qualità dell’offerta formativa e il massimo rispetto dei diritti dei lavoratori”.

Analizzando approfonditamente i capitolati in oggetto è necessario evidenziare oltre a quanto scritto sopra che il bando relativo all’integrazione all’articolo 5 recita: “in caso di assenza del bambino o dell’alunno seguito, l’educatore resta il servizio fino a 6 giorni consecutivi, al termine dei quali la prestazione verrà sospesa e non retribuita”. Questo configura un grave illecito giuridico, visto che viene messo in discussione il rapporto sinallagmatico – quello che regola il rapporto fra offerta lavorativa e prestazione lavorativa – e prefigura il pagamento a cottimo di lavoratori dipendenti. Anche su questa anomalia, come quelle sopra evidenziate, fino ad oggi l’Istituzione Scuola non è intervenuta. Di contro ci comunicano che nell’integrazione hanno lavorato, dipendenti delle cooperative, 6 educatrici che non avevano il requisito specifico per gli insegnanti di sostegno.

Altro tema che va analizzato è la possibilità di mantenere inalterata la qualità del servizio erogato.

Anche in questo caso è importante sottolineare come l’appalto sull’integrazione scolastica prevede un evidente calo delle ore destinate alla formazione ed all’attività extrafrontale con un calo di almeno il 60% delle ore rispetto al personale dipendente del comune. Nel bando per gli atelieristi il calo, ad oggi risulta essere del 40%. Questi due elementi completano la funzione docente e consentono alle operatrici di fornire una prestazione di elevata professionalità e competenza. Un calo delle ore ad esse destinate non può non comportare un calo dell’offerta generale.

Uno degli altri argomenti che vengono usati per incentivare l’esternalizzazione è la necessità di costruire un modello che integri il privato ed il pubblico. Le mappature compiute dalla Provincia di Ferrara sullo stato dei servizi 0/6 ci raccontano un’altra storia. La guida elaborata sullo stato delle scuole materne nella nostra provincia dell’anno 2009, ultimo ed unico riferimento utilizzabile, cidice che a fronte di 900 posti bambino gestiti direttamente dal Comune quelli a gestione privata – in convenzione o privati/privati – sono 1732. Il sistema ferrarese si muove già su due gambe, peraltro non perfettamente proporzionate. Quanto alla capacità delle cooperative di gestire i servizi, rileviamo il carattere ideologico che un’affermazione di questo tipo assume nel momento in cui non viene supportata da una serie di dati incontrovertibili. Il ritenere “che la cooperazione sociale possa collaborare con i soggetti pubblici e privati del territorio in modo innovativo. Efficiente e di alta qualità per migliorare l’impiego del denaro pubblico e continuare a garantire e se possibile incrementare opportunità ai bambini ed alle loro famiglie” va tecnicamente motivata, pena il rischio di diventare demagogica. A questo proposito chiediamo al mondo della cooperazione di fornirci i dati attraverso cui viene garantita questa qualità: qualità e quantità di formazione per dipendente; malattie, infortuni e maternità in un anno scolastico; statistiche che indichino la continuità del personale in servizio; trattamento economico complessivo per ogni ora lavorata. Senza essi ogni discorso, invece di entrare nel merito delle questioni, rischia di trasformarsi in dogma. In aggiunta è importante sottolineare come questa operazione non aumenti di una unità il numero dei posti bambino. L’esternalizzazione, infatti, comporta un semplice avvicendamento del gestore privato – che non ha neanche il rischio di impresa, dato che non innova o costruisce nuove strutture, ma subentra semplicemente a chi c’era prima – a quello pubblico. Non si capisce come questo processo possa favorire quell’aumento dei servizi e quel calo delle liste d’attesa che viene richiamato ripetutamente dall’Amministrazione. Il sistema che si vuole costruire non si fonda sul principio della sussidiarietà, ma su quello della sostituzione.

Relativamente alla questione economica non si può rilevare altro che un aumento dei costi;

Ipotizzando l’assunzione diretta del personale da parte dell’Amministrazione il costo lordo orario, applicando il CCNL del comparto AA.LL., è di circa 19 Euro lordi che moltiplicato per 21 educatori per 36 ore settimanali per 39 settimane fa : 19x21x36x39= 560.196,00 Euro. In questo caso la/il lavoratrice/ore percepirebbe circa 1250 Euro/mese

Nel caso venisse esternalizzato il servizio il costo orario è di circa 23 Euro ( vedi appalto integrazione ed atelieristi) che moltiplicato per 21 educatori per 38 ore settimanali ( come da ultima proposta dell’Amministrazione) per 39 settimane fa: 715.806,00 Euro. In questo caso lo stipendio sarebbe di circa 1000 Euro/mese.

In sintesi l’Amministrazione intende spendere 155.610,00 Euro in più in un momento nel quale abbiamo assistito ad un taglio di risorse ai servizi sociali ed al welfare in generale. Con queste risorse si potrebbero assumere 5 educatori a gestione diretta ed aprire due nuove sezioni ( una ad esempio presso la struttura di Boara ) implementando cosi il numero dei bambini e riducendo le liste di attesa.

L’Amministrazione, per giustificare l’esternalizzazione, si fa “forte” del fatto che da dati della Regione Emilia Romagna si ipotizza un “costo bambino”  di circa 9.500,00 euro/anno se la gestione del servizio è in forma diretta mentre il “costo bambino” a gestione indiretta  risulta essere di circa 6.500,00 euro/anno. Per tale ragione ipotizza un risparmio del 30% circa. Fin qui tutto bene se non fosse per il fatto che: nel cosiddetto “costo bambino” sono calcolati i costi della struttura organizzativa, della direzione dei costi generali e del costo del lavoro. In sintesi mentre il costo del lavoro aumenterebbe, come sopra evidenziato, tutti gli altri costi rimarrebbero per il Comune in quanto non risulta da nessuna parte la riduzione dei costi generali che oggi vengono inseriti nel conteggio ( direttore, dirigenti, servizio paghe, costi di mantenimento delle strutture ecc) tradotto in termini semplici l’unica cosa certa è che aumenterebbero i costi per il comune, in caso di esternalizzazione, ma cambierebbero solo capitolo di spesa, a meno che nei risparmi non si voglia conteggiare il costo per eventuali inidoneità nei pezzi esternalizzati, costo del quale

Altra questione riguarda il fatto che la spesa per i servizi educativi passa da un quinto, del bilancio degli anni passati, ad un quarto del bilancio corrente. Un lettore poco attento rischia di intravedere un aumento dei costi del servizio negli ultimi anni, i fatti e gli atti ci dicono invece che la spesa per i servizi educativi in questi anni ha subito un calo di oltre 2.000.000,00 di euro che, con i tagli dell’ultimo bilancio arriva a circa 3.000.000,00 di euro.

Fino a quanto l’Amministrazione e l’Istituzione Scuola continueranno a non entrare nel merito di queste questioni, trincerandosi dietro ad un indefinito ed ideologico “controllo della qualità da parte del servizio pubblico”, non sussisteranno le basi per aprire un confronto. Come FP CGIL rifiutiamo l’applicazione del “Modello Marchionne” al pubblico impiego: siamo indisponibili ad un modello concertativo basato sull’idea che le basi della discussione sono solo ed esclusivamente quelle poste dall’Amministrazione. Alla luce di tutto questo è evidente come far ricadere le colpe della mancata condivisione di questo percorso sul sindacato sia scorretto e sbagliato.

Fp Cgil di Ferrara

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